“Believe in something, even if it means sacrificing everything”. Questo lo slogan della nuova campagna pubblicitaria della Nike che vede come testimonial il giocatore americano Colin Kaepernick. Si tratta di un vero schiaffo del noto marchio americano al presidente Donald Trump: Kaepernick è un acceso oppositore del tycoon. “Crediamo che Colin sia uno degli sportivi più carismatici della sua generazione, che usa il potere dello sport per cambiare il mondo”, ha dichiarato Gino Fasanotti, vice presidente di Nike per il Nord America.
Il colosso di abbigliamento sportivo ha già pagato le conseguenze di questo sgarbo a presidente americano cedendo oltre il 3% a Wall Street. “Penso sia un messaggio terribile”, ha dichiarato il tycoon al sito conservatore The Daily Caller. Il presidente ha successivamente riconosciuto il diritto dell’azienda di scegliersi i propri testimonial, ma sui social i suoi sostenitori già hanno cominciato ad incitare al boicottaggio della Nike. Supporto per il marchio e per l’atleta è arrivato da diverse star dello sport americano, dall’ex capo della Cia, John Brennan, e perfino dall’ex leader iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, che ha commentato: “Ancora una stagione della Nfl senza Kaepernick ai nastri di partenza, nonostante sia uno dei quarterback più forti”.
Era il 26 agosto 2016, quando il quarterback della squadra di football dei San Francisco 49ers rimase seduto durante l’inno nazionale americano che tradizionalmente anticipa ogni partita. Il gesto era una protesta silenziosa che Kaepernick motivò così: “Non starò in piedi per dimostrare il mio orgoglio per la bandiera di un paese che opprime i neri e le minoranze etniche. Per me è più importante del football, e sarebbe egoista guardare dall’altra parte. Ci sono cadaveri per le strade, e persone che la fanno franca”.
Nel mondo dello sport cominciò l’emulazione del gesto, sempre più atleti si rifiutarono di stare in piedi durante l’inno, dando il via alla cosiddetta “protesta degli inginocchiati”. Non mancarono ovviamente le critiche, diversi giocatori non si trovarono d’accordo con il modo scelto per veicolare il messaggio, poiché irrispettoso verso gli Stati Uniti e l’esercito americano. Intervenne anche Donald Trump: “Forse Kaepernick dovrebbe trovare un paese che gli piaccia di più”. Dal 2017, sciolto il contratto con i Niners, il noto quarterback non è più riuscito ad inserirsi in nessun’altra squadra, cosa bizzarra per un atleta del suo calibro. Per questo motivo l’anno scorso Kaepernick ha presentato una denuncia conto la National Football League (Nfl), accusando i 32 titolari delle squadre di “collusione”.
La frase scelta per la campagna pubblicitaria della Nike non lascia spazio ad interpretazioni: “Credi in qualcosa, anche se significasse sacrificare tutto ciò che hai”. Infatti, nonostante le continue rassicurazioni del commissioner della lega, Roger Goodell, l’atleta insiste su una commistione tra la politica e il mondo dello sport. La stessa campagna elettorale del presidente degli Stati Uniti venne finanziata da diversi proprietari di alcune squadre di football americano della Nfl. “Un simile precedente – ha affermato l’avvocato di Kaepernick – minaccia tutti gli americani patriottici e richiama i nostri giorni più bui come nazione”.