Ancora sangue nelle strade della Nigeria. Questa mattina un kamikaze si è fatto esplodere nella moschea della città di Mubi, nello Stato di Adamawa – nel nord-est del paese – uccidendo almeno 50 persone. La lunga scia di vittime degli attentati kamikaze perpetrati nel paese africano dal gruppo terrorista islamico Boko Haram, affiliato ad Al Qaeda, continua a crescere.
Un giovane imbottito di esplosivo – riferiscono le prime testimonianze dei feriti – ha azionato il detonatore mentre era in fila tra la folla di fedeli, radunati per le preghiere del mattino. “Stiamo ancora accertando il numero delle persone rimaste ferite nell’esplosione, perché si trovano ricoverate in vari ospedali del paese”, ha spiegato il portavoce della polizia locale, Othman Abubakar.
In base ai primi racconti dei sopravvissuti, alcune organizzazioni umanitarie locali riferiscono della possibilità che i terroristi abbiano utilizzato una ragazza adolescente, riempita di esplosivo e poi fatta esplodere. Una pratica già utilizzata dai terroristi di Boko Haram in passato: donne rapite e poi costrette a mescolarsi tra la folla, fatte saltare in aria con un telecomando azionato a distanza.
Quello di stamani è l’ennesimo attentato – destinato a colpire civili, cittadini comuni, uomini, donne e bambini riuniti in luoghi affollati – che porta la firma del gruppo jihadista salafita. La scorsa settimana, il 16 novembre, quattro kamikaze del gruppo islamista hanno colpito la città di Maiduguri, nello Stato del Borno.
Proprio ieri il vice-segretario di Stato americano, John Sullivan, in visita ufficiale in Nigeria, aveva annunciato la donazione di 45 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti per aiutare il paese a contrastare il fenomeno jihadista che insanguina la regione nordorientale. Sullivan, in missione per conto dell’amministrazione Trump, è a guida della delegazione statunitense presso la Commissione Bi-Nazionale tra Stati Uniti e Nigeria che ha come obiettivo una partnership tra i due paesi per la sicurezza e lo sviluppo economico.