Il decreto legge “Cura Italia”, approvato oggi dal governo Conte, stabilisce le lauree abilitanti: i neo laureati in medicina e chirurgia possono esercitare la professione medica anche se non hanno dato l’esame di stato per l’abilitazione alla professione. Abbiamo chiesto al ginecologo Claudio Manna, docente e ricercatore all’Università di Tor Vergata e direttore del centro per la fecondazione assistita “Biofertility”, cosa questa riforma comporterà e quali potranno essere i cambiamenti nel settore sanitario.
Ci spiega in dettaglio cosa prevede questa norma?
“In questa situazione di emergenza, il governo dà la possibilità ai neo laureati di entrare subito nel mondo del lavoro: in particolare, lavoreranno sul territorio, andando a sostituire, ad esempio, i medici di base che così potranno lavorare nei reparti ospedalieri colmando le carenze di personale”.
Il ministro dell’Università Gaetano Manfredi ha dichiarato a Repubblica che questa è una legge di Stato definitiva. È possibile che, superato questo momento di crisi, continuerà a valere?
“Questa è un’ipotesi credibile, possibile, che al momento risponde a un’esigenza importante. Successivamente, valutando le esperienze che i neo laureati hanno fatto sul campo, è legittimo pensare che questo potrebbe essere un test per verificare se è praticabile l’idea di farli andare in servizio nelle varie strutture senza avere fatto l’esame per l’abilitazione”.
Qui però si pone un problema serio. Questi neo laureati non fanno parte dell’Ordine dei Medici e quindi non hanno tutte le garanzie e le tutele degli iscritti.
“Il governo in questo caso deve confrontarsi con gli ordini professionali, che poi si raccorderanno con gli organismi politici e decisionali, e non credo che ci siano ostacoli. Ci potrebbe essere un accordo per il quale se un medico vuole iscriversi all’Ordine non verranno più chiesti i vari documenti, tra i quali il superamento dell’esame di stato”.
Arrivare a un accordo è una procedura molto lunga, soprattutto in questo momento di emergenza. Si pone sempre il problema riguardo alle assicurazioni.
“È una questione che dovrà essere affrontata con una procedura legislativa”.
Se un medico non è iscritto all’Ordine, non può beneficiare dell’assicurazione?
“No. L’assicurazione richiede l’iscrizione all’Ordine. Però le cliniche, gli ospedali e le strutture sanitarie pubbliche e private da due anni hanno l’obbligo di garantire un’assicurazione primaria, che generalmente copre anche quella di cui beneficiano gli iscritti all’Albo”.
Questo però non vale per i medici di base, cioè quei ruoli che proprio i neo laureati andranno a ricoprire.
“È vero. Questo potrebbe essere un altro degli aspetti di cui bisogna tener conto qualora si decida di andare in questa direzione”.
Qual è la sua opinione su questa norma?
“I laureati in medicina hanno sostenuto esami non solo teorici, ma soprattutto pratici: sono già stati nei vari reparti, come prevede il tirocinio. Non vedo che cosa aggiunge l’esame di abilitazione alle loro competenze. Nella mia esperienza e in quella dei miei colleghi, questo esame sembrava una pura formalità, avevamo già una capacità reale di confrontarci con le esigenze dei pazienti, delle cliniche eccetera. In pratica non c’è nemmeno tanto bisogno di prepararsi per questo esame, anzi non credo che il prepararsi sia veramente indispensabile”.