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HomeCronaca ‘Ndrangheta, tre arresti per l’allevatore ucciso lo scorso 21 luglio a Seminara

'Ndrangheta, tre arresti
per l'allevatore ucciso
lo scorso luglio a Seminara

Nell'agguato era rimasto ferito

un bambino bulgaro di dieci anni

di Salvatore Tropea21 Settembre 2018
21 Settembre 2018

Questa mattina i carabinieri di Reggio Calabria hanno arrestato tre persone, accusate, a vario titolo, di omicidio, estorsione e porto e detenzione illegali di armi, con l’aggravante delle modalità mafiose. Il provvedimento arriva a seguito delle indagini per l’uccisione, lo scorso 21 luglio a Seminara, in provincia di Reggio Calabria, dell’allevatore Fabio Giuseppe Gioffrè.

L’operazione, condotta alle prime luci dell’alba, è stata eseguita dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia reggina, e ha portato all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare per i tre uomini.

Le indagini hanno consentito di fare luce sull’agguato a Gioffrè, durante il quale era stato anche ferito un bambino di dieci anni di nazionalità bulgara. Gli inquirenti hanno individuato uno degli esecutori materiali dell’omicidio, riconducibile – secondo quanto riferito dai carabinieri – “alle articolate dinamiche criminali del territorio della Piana di Gioia Tauro”.

Il trentanovenne ucciso lo scorso luglio era figlio di Cecè “u ‘ndolo”, elemento di spicco dell’omonimo clan Gioffrè, e aveva alle spalle diversi precedenti penali. Fabio Gioffrè, infatti, era stato processato e poi assolto per mafia nel processo Artemisia, mentre qualche mese prima di venire ucciso era stato denunciato perché in un casolare di sua proprietà erano state ritrovate delle armi clandestine. Per gli investigatori Gioffrè era uno dei tanti “soldati” dell’omonimo clan, tra il 2006 ed il 2009 dilaniato da una faida interna alla famiglia che per decenni ha controllato l’economia, la politica e l’amministrazione di Seminara.

Il delitto, secondo gli inquirenti, è da inquadrare nell’ambito delle attività estorsive poste in essere dai gruppi “Laganà” e “Santaiti” e, a tratti, contrapposti alla cosca “Gioffrè”. Nel corso degli accertamenti per l’operazione “Ares” sono state intercettate conversazioni ambientali dalle quali emergeva che nel maggio scorso i Fioramonte, legati da vincoli di parentela con i “Grasso”, si erano rivolti a Rosario Grasso per ottenere protezione rispetto alle pressanti e continue pretese estorsive dei Laganà e dei Santaiti. Successivamente si era inserita la figura di Gioffré, detto “Siberia”, come dimostra la ricostruzione complessiva del contesto in cui è maturato il delitto dell’allevatore, da inquadrare come la reazione della famiglia Fioramonte alle reiterate richieste estorsive.

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