MOSCA – A uccidere Alexei Navalny, principale oppositore del regime del Cremlino, è stato Vladimir Putin. Questo, almeno, secondo la moglie Yulia Navalnaya che in un video pubblicato sui social ha annunciato di voler prendere il posto del marito nella lotta per la libertà in Russia.
Mentre a Mosca e San Pietroburgo le persone vengono arrestate per strada con la sola colpa di volergli rendere omaggio con alcuni fiori, lo sdegno per la morte di Navalny cresce anche a livello internazionale. L’Unione Europea sta pensando di sanzionare la Russia per quanto accaduto ma per il Cremlino le accuse dei Paesi occidentali sono solo “rozze dichiarazioni”. Intanto, alla famiglia del dissidente è stato negato l’accesso alla salma per il terzo giorno consecutivo. E dalle indagini emergono nuove incongruenze da chiarire.
Scontro Ue-Cremlino. La moglie Yulia: “È stato Putin”
Per Yulia Navalnaya, moglie del dissidente, non ci sono dubbi: “Putin ha ucciso mio marito”. Lo ha dichiarato in un video postato sui social in cui ha fatto allusioni a un possibile avvelenamento affermando che i responsabili “mentono meschinamente e nascondono il suo corpo attendendo quando svaniranno le tracce dell’ennesimo Novichok di Putin”. Di qui la promessa di scoprire “chi di preciso e in quale preciso modo ha eseguito il crimine” e di renderlo noto facendo “vedere le facce”. Yulia ha perciò giurato che continuerà “il lavoro di Alexei” e a “lottare per il nostro Paese”, invitando tutti i suoi concittadini a condividere con lei “la rabbia” per quelli “che osano uccidere il nostro futuro”.
A credere che dietro la morte di Navalny ci sia il capo del Cremlino anche Josep Borrell, alto rappresentante Ue, che ha annunciato di voler imporre nuove sanzioni alla Russia perché “il responsabile è Putin stesso”. E se Borrell ha spiegato di voler “scendere fino alla struttura del sistema penitenziario”, il Cremlino smentisce tutte le accuse dei Paesi occidentali, giudicate come “rozze dichiarazioni”. A dirlo il portavoce Dmitry Peskov che ha anche negato il coinvolgimento nei permessi negati all’accesso alla salma.
Il mistero della morte: l’ora, le telecamere, le convulsioni
Prima la “sindrome da morte improvvisa”, poi le convulsioni. A tre giorni dalla scomparsa, la versione sulla morte di Alexei Navalny, detenuto nella colonia penale di Kharp in Siberia, non sembra mettere tutti d’accordo. Un operatore dell’ospedale di Salekhard ha riferito di lividi sul corpo dell’oppositore dovuti probabilmente da un’azione di contenimento di convulsioni e dal massaggio cardiaco praticato nel tentativo di rianimarlo. Ipotesi, questa, che andrebbe a smentire la prima notizia fornita dal Servizio penitenziario secondo cui Navalny sarebbe morto a seguito di una passeggiata perdendo coscienza immediatamente. Se l’annuncio ufficiale è arrivato alle ore 16:19 locali (le 12:19 in Italia), il decesso sarebbe però avvenuto molto prima. Lo stesso oppositore raccontava di avere l’ora d’aria alle 6 e 30 del mattino. La sera prima, inoltre, la sicurezza del carcere era stata rafforzata mentre nella giornata di venerdì 16 alcune telecamere non risultavano funzionanti.
La tesi della Bild: “Navalny morto prima della liberazione”
Secondo il quotidiano tedesco Bild l’oppositore è deceduto “poco prima di una sua possibile liberazione” programmata in vista di uno scambio di detenuti tra Usa, Russia e Germania. L’ipotesi è che Putin volesse avere in cambio del rilascio di Navalny un agente accusato di aver sparato a un oppositore a Berlino nel 2019.
Proprio il ministero tedesco degli Esteri ha convocato l’ambasciatore russo in Germania per fare chiarezza sulla morte di Navalny e per chiedere “il rilascio di tutte le persone imprigionate in Russia per motivi politici”.