Subito dopo le dimissioni di Josefa Idem, ministro per le Pari opportunità, e la sentenza di primo grado che ha condannato Silvio Berlusconi a sette anni di carcere e all’interdizione dai pubblici uffici, il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha richiesto esplicitamente alla maggioranza politica una più marcata «continuità nell’istituzione governativa».
Il monito. Invitato ai festeggiamenti per i 90 anni del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Napolitano ha voluto dare inaspettatamente un segnale forte all’esecutivo ricordando come «il rispetto e la cura delle istituzioni sono uno dei capisaldi non solo dello Stato democratico ma anche di una società civile degna di questo nome. Eppure – ha poi aggiunto – in Italia abbiamo il record della fibrillazione politica». Il costante timore di una crisi di governo, infatti, per il Presidente della Repubblica, destabilizza l’Italia, indebolendola: «non passano due mesi dalla formazione di un governo che l’argomento delle discussioni pubbliche diventa la prossima, incombente, imminente, o fatale crisi di governo. E invece – ha chiosato Napolitano – quello di cui abbiamo bisogno è proprio la continuità nelle istituzioni attraverso un continuo sforzo di autocorrezione: una stabilità che io reputo essenziale, e che non significa assolutamente conservatorismo o immobilismo».
La reazione del Pdl. E in casa Pdl la replica alle parole del presidente Napolitano non si è fatta attendere: per il coordinatore del partito, Sandro Bondi, «le fibrillazioni a cui fa cenno il presidente della Repubblica non derivano e non sono imputabili ai partiti o al mondo della politica, bensì alle decisioni di un ordine, quello della magistratura, che si è trasformato in un potere assoluto e irresponsabile, e che sovverte i principi di una sana democrazia. Queste cose bisognerebbe dirle chiaramente e apertamente, invece di assumere la posa del Ponzio Pilato di turno».
Ma non sono solo i recenti scossoni politici a impensierire il Capo dello Stato. Sul tappeto c’è anche la questione dei senatori a vita. Dopo la morte di Emilio Colombo ne è rimasto infatti uno solo, l’ex premier Mario Monti. Quattro dunque i posti disponibili che Napolitano, tramite nomine condivise da Pd e Pdl, potrebbe utilizzare strategicamente per rinforzare l’attuale governo.
Fabio Grazzini