Padre Bernardo Cervellera è direttore di Asia News. Ci ha spiegato le ragioni del golpe in Myanmar e il ruolo della Cina nella guerra civile in corso nel Paese.
Perché questo golpe?
L’esercito ha fatto delle critiche di brogli elettorali in alcune parti del paese, che sono state accolte e valutate dalla commissione elettorale. La commissione ha analizzato queste cose, e ha visto che sì ci sono stati dei piccoli brogli, ma che non mettevano in crisi il risultato finale. Il problema dei militari, invece, è proprio il risultato finale, ovvero che il 75% dei seggi del Parlamento sono andati alla Lega Nazionale per la Democrazia, il partito di Aung San Suu Kyi. La Costituzione, stilata dai militari nel 2008, stabilisce che il 25% dei seggi vadano di diritto ai militari. Questo significa che però con queste elezioni l’esercito avrebbe perso la capacità di influenzare la società. Inoltre, dato che tra i militari ci sono alcune pressioni per cambiare la situazione, i militari hanno paura di perdere anche quel 25%. Se succede, significa che è possibile cambiare la costituzione, che può essere emendata se un governo può contare su più del 75% del Parlamento. Il fatto che il partito di opposizione prenda il 75%, unito al fatto che ci sia amarezza tra gli stessi militari, potrebbe voler dire che i militari rischiano di perdere il controllo della Costituzione, e quindi della società. Quindi il vero motivo dietro al rifiuto delle scorse elezioni è che rischiano di perdere il controllo anche sull’economia.
Come si spiegano le reazioni di Usa, che ha condannato il golpe, e della Cina che, almeno inizialmente, ha detto, sostanzialmente “sono questioni interne, non ce ne interessiamo”?
Gli Stati occidentali, più immediati nel rispondere quando ci sono violazioni dei diritti umani, hanno parlato subito [contro il golpe]. Lo avevano fatto anche quando c’era stata la crisi dei Rohingya, che era stata provocata dai militari. La Cina invece, come diceva lei, all’inizio ha detto: “Questi sono affari interni, noi non ci dobbiamo entrare”. Salvo poi accorgersi della resistenza della popolazione, motivo per cui è diventata un po’ più equilibrata, chiedendo la fine delle violenze.
Come mai la Cina è interessata al Myanmar?
Perché vede nel Myanmar come uno dei punti cardine del suo progetto della Belt and Road Initiative, ovvero le nuove vie della Seta verso il Sud Est Asiatico. Questo prevede, nel tratto tra la provincia dello Yunnan e la Birmania, la costruzione di autostrade, di un oleodotto, di un gasdotto e, infine, la costruzione di un porto in Myanmar. Questo porto è in coste alte, adatto alle petroliere. La preoccupazione è aprirsi un varco nell’Oceano Indiano direttamente dalla Cina invece di passare attraverso il Mar Cinese Meridionale e lo Stretto delle Molucche. Questo perché la Cina ha paura che, se un giorno i paesi occidentali e quelli anti-Cina si mettessero d’accordo, potrebbero bloccare quel tratto di mare (Mar Cinese meridionale e stretto delle Molucche). Se così fosse, le petroliere che dal Medioriente arrivano in Cina non potrebbero più arrivare, e la Cina rimarrebbe senza energia. Avere quindi un canale con un oleodotto e un gasdotto che dal Myanmar arrivi direttamente in Cina la salverebbe da questo periplo molto più lungo e da questo pericolo.
In un certo senso alla Cina non interessa tanto che sia la giunta o Aung San Suu Kyi a guidare il paese, purché siano salvaguardati i suoi interessi. Per questo non si sbilancia troppo. Tutti sospettano della Cina perché ha bloccato la condanna del colpo di Stato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Inoltre, in passato, per quasi 50 anni, dal 62 in poi, ha sempre appoggiato la giunta militare. Quindi sembra un po’ difficile che adesso non la appoggi. Ci sono testimonianze, non possibili da verificare da parte nostra, che sostengono che la Cina abbia mandato armi e consiglieri militari in Myanmar per sostenere l’esercito birmano durante il colpo di Stato. In più c’è un documento segreto, che è emerso, in cui un sotto ministro degli Esteri, ha incontrato la giunta militare chiedendo di salvaguardare gli interessi cinesi.
Ma questo a colpo di Stato già avvenuto?
Si, a colpo di Stato già avvenuto! Quindi in un certo senso hanno riconosciuto i generali. Il Myanmar diventa, in qualche modo, un simbolo della lotta che si sta avendo nel mondo tra democrazia e stabilità, o tra democrazia e autoritarismo. C’è un grande dibattito nel mondo, adesso, in cui si dice che la democrazia ormai è finita, che non vale la pena, perché crea situazioni instabili, perché bisogna stare sempre attenti a tutto. Si dice: “Vedete la Cina invece che, con il suo autoritarismo, ha un’economia invidiabile e ha vinto anche il Covid prima degli altri”. Quindi nel Myanmar si gioca questa cosa, in cui sui piatti della bilancia ci sono la stabilità e il commercio a tutti i costi e i diritti dell’uomo e la vita della popolazione.
Gli Usa non hanno interessi specifici in Myanmar?
Io credo che gli Stati Uniti, da questo punto di vista, per quello che stavo dicendo, non hanno grossi interessi economici. Però hanno interesse a frenare la Cina: frenarla nell’Oceano Indiano, frenarla come modello autoritario che vince sulla Democrazia. Penso, è una mia supposizione naturalmente.
Un paese come l’India, invece, che interessi ha?
L’India, come la Cina, ha molti interessi economici in Myanmar, e anche loro hanno utilizzato modi molto silenziosi, non hanno detto nulla. Però bisogna dire che l’India ha accettato 200 militari che hanno disertato e sono fuggiti, e che sono stati in India accolti come prigionieri politici. Però l’india non ha condannato il colpo di Stato. Questo perché hanno anche loro interessi nel Paese.
Quindi hanno accettato i militari senza arrivare a una condanna ufficiale?
Esatto. Cioè l’India, come la Cina, ha interesse che sia mantenuto il commercio. Però, siccome l’India è un Paese profondamente anti-cinese, e quindi anti giunta (perché la giunta è vista come molto legata alla Cina), hanno fatto questo gesto di dare lo status di rifugiato politico a questi militari che si sono rifiutati di sparare sulla folla, come richiesto dalla giunta.