Potrebbe arrivare già nelle prossime ore, o con il CdM di venerdì mattina, il decreto del governo sul salvataggio di Mps, con cui lo Stato salirà oltre il 50% diventando l’azionista di maggioranza della banca senese. Il piano di salvataggio privato, stilato dall’amministratore delegato Marco Morelli, per l’aumento di capitale di 5 miliardi non è andato in porto (il termine scade oggi), nonostante la conversione dei bond retail. Le adesioni all’offerta pubblica di conversione delle obbligazioni subordinate, inclusi i “fresh” del 2008 al servizio dell’acquisto della Banca Antonveneta, sono salite a circa 2 miliardi e mezzo. Ma se i risparmiatori hanno risposto correndo in aiuto della banca e il loro contributo ha raggiunto una cifra di tutto rispetto, sono stati gli investitori a tirarsi indietro. Non è stato trovato, difatti, nessun anchor investitor. Il fondo del Qatar che doveva garantire un miliardo e attrarre altri investitori privati, si è ritirato.
Con il salvataggio di mercato destinato al fallimento, si apre quindi la strada del piano di intervento pubblico e della nazionalizzazione di Mps. Nella giornata di ieri il Parlamento ha dato il via libera al governo per intervenire con l’istituzione di un fondo da 20 miliardi, da scaricare sul debito pubblico, che potrà servire anche ad altri istituti in difficoltà. I 20 miliardi potranno essere utilizzati, attraverso i decreti, per aumenti di capitale o per sostenere le banche in difficoltà con i patrimoni erosi dai crediti in sofferenza. «L’impatto sui risparmiatori sarà minimo o inesistente», ha assicurato il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan. Il provvedimento è stato votato da Pd, Forza Italia, Area popolare e Ala, mentre è stato fortemente osteggiato da Lega e Movimento 5 Stelle, con Grillo che ha chiesto di sfiduciare Padoan. Con il provvedimento si attiverebbe anche il meccanismo di garanzia sulla liquidità necessaria ad evitare un contagio della crisi, autorizzato già in estate dalla Bce.