Un uomo di sessantanni è morto all’ospedale S. Camillo di Roma, dopo il trapianto di cuore. Il paziente, un romano cardiopatico, presentava un quadro clinico molto grave: i medici gli avevano dato al massimo un anno di vita. Mesi ad attendere la telefonata dall’ospedale che finalmente arriva questa estate mentre si trovava in villeggiatura con alcuni parenti. L’uomo però è morto dopo 48 ore dall’intervento. I famigliari hanno denunciato l’accaduto e l’autopsia ha confermato che il cuore trapiantato «era malato».
Il donatore, che avrebbe potuto salvare la vita al romano, aveva auto un arresto cardiaco in una piscina ma successivamente – il cuore- aveva ripreso a battere normalmente. I danni cerebrali ne avevano causato la morte. I controlli sull’organo, effettuati nella struttura ospedaliera milanese del San Raffaele, avevano poi verificato la normale funzione cardiaca, dando l’ok per l’operazione. “Il trapianto è avvenuto nei tempi stabiliti”, ha spiegato il direttore del Centro Nazionale trapianti Alessandro Nanni Costa. È stata eseguita una valutazione attraverso un elettrocardiogramma e una ecocardiografia, che esamina l’organo a livello strutturale e funzionale, oltre a una coronarografia. I test sono risultati negativi. Per la nostra rete trapiantologica questo cuore rispettava i criteri di idoneità”. Dopo la conferma data dall’autopsia, la procura ha aperto un fascicolo contro ignoti per “omicidio colposo” L’inchiesta è passata nelle mani della procura di Milano «perché l’errore medico si sarebbe consumato al San Raffaele» a cui sarebbe spettato l’onere della valutazione medica sull’idoneità del cuore trapiantato. Ha parlato della vicenda anche la minstra della Salute, Beatrice Lorenzin, durante un intervento su Radio Capital questa mattina: “È una vicenda gravissima per un sistema d’avanguardia come il nostro. Facciamo trapianti in tutto il mondo, siamo leader. Attiveremo le procedure. È tragico e inaccettabile, agiremo di conseguenza».