Linea dura per Mohammed Morsi. Non sono ancora scadute le 48 ore di ultimatum, rivolte ieri dall’esercito egiziano al premier, che arriva un comunicato dal governo: il primo presidente islamista eletto democraticamente nel mondo arabo e ora contestato da milioni di egiziani non si dimetterà. Ieri, al termine dell’ennesima giornata di manifestazioni, elicotteri militari hanno sfrecciato al tramonto sopra Piazza Tahrir al Cairo, sventolando il tricolore bianco, rosso e nero. Il ministro della Difesa, il generale el Sisi, ha ammonito le forze politiche: “I politici risolvano la crisi o interverremo noi”.
La telefonata di Obama. E il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in questo momento in viaggio diplomatico in Tanzania, ha telefonato a Morsi per esortarlo ad aprire un dialogo con i manifestanti. “Gli Usa non supportano singole parti o gruppi – ha poi ribadito Obama – e proseguiranno il loro impegno per un processo democratico in Egitto”. Ma per Morsi l’ultimatum giunto dalle autorità militari minaccia la pace sociale del Paese ed aumenta le divisioni e per questo, ha annunciato in mattinata, andrà avanti con il suo “piano di pacificazione nazionale”.
I Fratelli Musulmani sempre più soli. Ma perfino i membri della Fratellanza di cui lo stesso Morsi è esponente, sembrano in queste ore sempre più incerti sul da farsi. La sede dei Fratelli Musulmani nel quartiere al Muqattam del Cairo è stata data alle fiamme dai ribelli e il rapporto di collaborazione con l’esercito egiziano, iniziato appena un anno fa dopo aver promesso loro il mantenimento dei privilegi economici, sta naufragando. Alcune voci all’interno dell’organizzazione islamista, riportate dal quotidiano governativo “al-Ahram”, sembrano valutare adesso l’opzione delle dimissioni del governo e delle elezioni anticipate, soluzione che, sacrificando la figura di Morsi, potrebbe però evitare una sconfitta ben più radicale dell’intero partito. “Sono gli ultimi giorni dei fratelli Musulmani, libereremo il mondo dal terrorismo come gli americani con tutte le loro guerre non hanno saputo fare”, tuona Mohammed Khamis, uno dei fondatori di Tamarod, il movimento di protesta che sta catalizzando l’insofferenza di massa verso il governo. Intanto aumentano le defezioni all’interno dell’entourage di Morsi: dopo le dimissioni di ieri da parte di quattro ministri, oggi ha lasciato anche il consigliere militare del presidente, Sami Anan, che ha dichiarato la sua solidarietà con il movimento di Tamarod.
Giulia Di Stefano
Morsi dice no all’ultimatum dei militari: Egitto sempre più in bilico
02 Luglio 201345