L’uso, o sarebbe meglio dire l’abuso, di armi in America continua a mietere vittime. Che il fenomeno stia assumendo proporzioni inquietanti lo conferma il fatto che sempre più spesso ad usarle impropriamente è la polizia stessa. Secondo una ricostruzione del Washington Post di oggi, negli ultimi due anni sono 86 le persone uccise dai colpi della polizia negli Usa: esattamente 43 quest’anno e 43 nel 2015.
Spesso si tratta di finte sparatorie tra ragazzini effettuate con armi giocattolo, ma talmente realistiche da ingannare le forze dell’ordine e portarle a sparare. Giochi banali e discutibili ma piuttosto frequenti tra i vicoli bui delle città americane, e che in molti casi sono finiti in tragedia.
È stato così per Tyre King, giovane di appena 13 anni morto lo scorso settembre a Columbus, in Ohio, perché l’agente Mason aveva scambiato la sua pistola giocattolo per una reale. L’adolescente è morto sul colpo, freddato da tre colpi alla testa, al torace e al tronco. Il tema, però, è d’attualità in America da almeno un paio d’anni. Nel 2014, infatti, fece scalpore l’uccisione di un dodicenne, Tamir Rice, colpito dalla polizia di Cleveland mentre stava giocando con una finta pistola in un parco.
Ciò che accomuna tutte queste sparatorie finite male è l’estremo realismo delle armi false che hanno ingannato i poliziotti. Si tratta per lo più di pistole pellet che sparano palline di metallo di piccolo calibro, o Airsoft, che invece utilizzano cartucce di aria compressa.
La polizia, dal canto suo, si difende dicendo che è praticamente impossibile addestrare gli ufficiali ad individuare le armi da fuoco d’imitazione da qualsiasi distanza. Non avendo certezze, la polizia non ha altra scelta se non quella di presupporre che le armi siano letali. E sparare a sua volta.
Gli sforzi per fermare la produzione di queste pistole o alterare radicalmente il loro aspetto sono in gran parte falliti a causa della resistenza dei produttori di armi e dei gruppi che ne reclamano l’uso privato, come la National Rifle Association.