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HomeCronaca Mondo di Mezzo, i giudici: Buzzi e Carminati erano a capo di associazione mafiosa

Carminati e Buzzi fecero
pressioni per le nomine
dell'amministrazione romana

Pubblicate le motivazioni della sentenza

sul Mondo di Mezzo: "È mafia"

di Diana Sarti11 Dicembre 2018
11 Dicembre 2018

L'aula bunker di Rebibbia durante il processo d'appello al Mondo di mezzo a Roma, 6 marzo 2018. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Sono state rese note oggi le motivazioni dei giudici della terza Corte d’Appello riguardo la sentenza con cui l’11 settembre scorso, nel processo al Mondo di Mezzo, quello di Mafia Capitale, è stato riconosciuto il carattere mafioso dell’organizzazione guidata dall’ex terrorista Massimo Carminati e dal ras delle cooperative romane Salvatore Buzzi.

Dalle motivazioni della sentenza di secondo grado si apprende che “Carminati e Buzzi ebbero contatti ed esercitarono pressione per le nomine e i posti chiave dell’amministrazione capitolina avendo interesse alla elezione e alla collocazione di soggetti affidabili nei ruoli decisionali”.

“Buzzi in alcune situazioni di difficoltà chiese espressamente l’intervento di Carminati per la sua forza di convincimento riconosciuta all’esterno. Carminati si inseriva quindi nel mondo imprenditoriale quando l’attività corruttrice di Buzzi non era sufficiente assicurandogli la soluzione dei casi più difficili e rilevanti con una provvista di violenza e capacità criminali”.

I giudici hanno sottolineato come, “ai fini della sussistenza della associazione mafiosa, non è rilevante né il numero modesto delle vittime né il limitato contesto relazionale e territoriale. Non può escludersi il carattere mafioso perché non sono elementi costitutivi né il controllo generale del territorio né una generalizzata condizione di assoggettamento e omertà della collettività. Carminati conferì forza di intimidazione e Buzzi conferì il collaudato sistema di corruttela e prevaricazione”.

Nel documento, riguardo l’omertà, i giudici affermano poi che “nel settore della pubblica amministrazione nessuno, e nemmeno gli imprenditori che avevano rinunciato a gare di appalti, presentò atti di denuncia o manifestò dissenso. Questa condizione di assoggettamento e di omertà derivante dalla forza intimidatrice espressa dall’associazione emerse soltanto grazie alle intercettazioni telefoniche”.

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