“Non firmerò mai per il blocco dei campionati, perché sarebbe la morte del calcio italiano. Con la chiusura totale il sistema perderebbe 700-800 milioni di euro”. Il presidente della Figc Gabriele Gavina ieri è apparso irremovibile. No a un blocco di un settore che ha un “impatto altamente sociale nel nostro Paese” e ricerca di una via alternativa per concludere le stagioni nei prossimi mesi (anche in autunno), nonostante il Coronavirus.
Oggi la replica del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora: “Se la Figc e la commissione tecnico scientifica del governo troveranno un’intesa sul protocollo di sicurezza, gli allenamenti riprenderanno; viceversa sarà il governo a decretare la chiusura del campionato”.
In caso di “chiusura”, però, le conseguenze economiche sarebbero rilevanti. In base a contratti pluriennali già siglati le società di calcio hanno costi per le prossime 2-3 stagioni, mentre i ricavi da botteghino si annullano, creando problemi soprattutto per Serie B, Lega Pro e Dilettanti. Proprio queste categorie, poi, vivono dei cosiddetti “finanziamenti fruttiferi postergati”, cioè rimborsi di imprenditori soci che potrebbero pensare a tutelare le loro aziende in difficoltà visto il momento. Discorso simile per gli sponsor: molte imprese stanno cancellando la partnership.
Intanto 18 società di Serie A vogliono riprendere allenamenti e partite: tutte, escluse Brescia e Torino. Altro tema caldo sono le pay tv, che dovrebbero versare l’ultima rata della stagione: 222 milioni di euro. Trattative in corso con Sky, Dazn e Img, che hanno chiesto sconti o dilazioni, di fronte a cui le società hanno detto ‘no’. Le prime due tv avevano previsto nei giorni scorsi un doppio scenario: in caso di ripresa o di stop definitivo al campionato. Il mancato incasso per i club sarebbe di 210 milioni nel primo caso, 440 nel secondo. Tuttavia le pay tv fanno ora filtrare la volontà di dialogo costruttivo con la Lega, alla ricerca di soluzioni.