Si ride di gusto al Globe Theatre con Molto rumore per nulla, una delle più riuscite tra le commedie shakespeariane, riportata nuovamente in scena sul “cerchio di legno” di Villa Borghese dalla compagnia di Loredana Scaramella nel suo ormai tradizionale allestimento arricchito dalla pizzica salentina. Ottima la performance canora dello scatenato Carlo Ragone (Baldassarre) e – a turno – quella degli altri attori, supportati dalle musiche suonate dal vivo dai bravi Michele Di Paolo, Luca Mereu e Antonio Pappadà.
Forse mai come in Molto rumore… il Bardo affida la narrazione ad un vero e proprio coro: esistono ovviamente alcuni personaggi più importanti, ma senza che li si possa definire davvero “protagonisti”, e senza neppure i tre piani narrativi differenziati del Sogno di una notte di mezza estate, dove ogni gruppo fa storia a sé e si incontra con gli altri solo parzialmente. Al contrario, in Molto rumore… tutti i personaggi – anche quelli (solo apparentemente) minori – apportano il loro mattoncino alla costruzione di un racconto collettivo ricco ma bilanciato, che da quattro secoli conquista gli spettatori e i loro, scroscianti, applausi.
Convince quindi la regia della Scaramella, che lascia liberi gli attori di caratterizzare i loro ruoli ma senza strafare, a testimonianza di un cast rodato e molto affiatato, a cominciare dai due innamorati Beatrice (la vivace Barbara Moselli, che lo scorso anno ha ereditato il ruolo proprio dalla regista) e Benedetto (Mauro Santopietro). La loro battibeccante liason sboccia a poco a poco, favorita dai benevoli inganni degli amici, in particolare il duca don Pedro (un Federigo Ceci un po’ imbolsito rispetto agli scorsi anni ma ancora efficacissimo), il conte Claudio (Fausto Cabra) e la giovane Ero (Mimosa Campironi).
Fondamentali e ben riusciti, come detto, gli spunti del variopinto “coro” che li accompagna, a cominciare dall’improbabile cancelliere sproloquiante (ancora un divertito e incontenibile Carlo Ragone), coadiuvato dal fido Sorba e dalle due surreali guardie (Jacopo Crovella e Federico Tolardo). Ottima l’interpetazione di Borracho da parte di Alessandro Federico e quella dei due padroni di casa Leonato (Daniele Griggio) e suo fratello Antonio (Roberto Mantovani, che fa anche il giudice), convincenti sia nei momenti brillanti che in quelli della collera. Interessanti e promettenti i giovani Matteo Milani (don Juan) e Diego Facciotti (frate Francesco, ma all’occorrenza anche supplente per altri personaggi).
Alessandro Testa