MOLFETTA (BARI) – “Ho sparato io, poi ho buttato la pistola nel mare”. Davanti agli inquirenti il 21enne barese Michele Lavopa ha confessato di aver ucciso Antonia Lopez, la 19enne morta nella notte tra sabato e domenica nel locale Bahia beach di Molfetta, in provincia di Bari, durante una rissa tra clan culminata con una sparatoria. I carabinieri hanno fermato il giovane, ritenuto responsabile anche del ferimento di quattro ragazzi tra i 20 e i 25 anni, tutti raggiunti da almeno sei colpi di pistola. Tra questi un amico della ragazza, il 20enne rampollo del clan del rione Japigia di Bari Eugenio Palermiti, nipote dell’omonimo boss e vero bersaglio dei killer secondo gli inquirenti. I militari sono riusciti a individuare Lavopa grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza del locale, nonostante le “dichiarazioni di circostanza e palesemente omertose” rilasciate dai ragazzi feriti dopo i fatti.
Il nipote di un boss sarebbe stato il vero obiettivo
Sul ragazzo pendono ora le accuse di omicidio e tentato omicidio. L’indagato avrebbe agito – scrivono i carabinieri in una nota – “al culmine di un litigio sorto per futili motivi, esplodendo almeno sei colpi di arma da fuoco in direzione di un gruppo di ragazzi presenti all’interno dello stesso locale”. Stando ai racconti del 21enne, il suo gruppo e quello di Eugenio Palermiti avevano avuto discussioni già in passato e, per questo, quando si erano accorti della presenza dei ragazzi di Japigia nel Bahia, si erano allontanati in una zona più appartata del locale. Avrebbero però continuato a subire “offese e minacce” da Palermiti, il quale, a un certo punto, avrebbe tentato di estrarre un’arma che aveva addosso, scatenando la reazione di Lavopa, che ha sparato.
Il mistero dell’arma scomparsa e le confessioni discordanti
Davanti al pubblico ministero Federico Perrone Capano l’indagato ha confessato di essersi disfatto dell’arma utilizzata non appena fuori dalla discoteca, gettandola in mare. Lavopa ha anche spiegato di non essersi recato in discoteca “senza alcuna intenzione belligerante”, portando con sé una pistola calibro 7,65 per difendersi da eventuali aggressioni. La versione della prima audizione però discorda con quella dell’interrogatorio, in un punto in particolare: l’occultamento dell’arma. L’indagato ha infatti affermato ancora di essere fuggito dal locale per rientrare al quartiere San Paolo insieme ad alcune ragazze della sua cerchia. Poi, con due amici, sarebbe andato prima nelle campagne di Bitonto, luogo dell’occultamento dell’arma, e di nuovo al San Paolo, dove avrebbe fatto sparire i suoi indumenti. Il mistero sulla pistola resta, perché a Bitonto gli investigatori non hanno trovato nulla. Le dichiarazioni discordanti, unite al pericolo di reiterazione del reato e di fuga, hanno indotto il pm Perrone Capano a disporre il fermo di polizia giudiziaria, con Lavopa che ora si trova in carcere.