Oggi l’assemblea di Palazzo Madama ha approvato il decreto legge sulla immigrazione, volto ad accelerare i procedimenti in materia di protezione internazionale e, soprattutto, a definire alcune regole sull’immigrazione illegale, per il quale il governo aveva chiesto il voto di fiducia.
È passato con 145 sì, 107 no e un astenuto. Erano presenti in aula 260 senatori. Ora il provvedimento aspetta di tornare alla Camera. Non sono bastate dunque le molte critiche mosse dalle diverse associazioni, da Sant’Egidio all’Arci. L’obiettivo per il ministro dell’Interno MarcoMinniti è quello di snellire le procedure e assicurare regole certe per l’accoglienza dei migranti.
Sezioni dedicate. Per velocizzare il procedimento di riconoscimento del diritto d’asilo, si è pensato di istituire sezioni specializzate (26 in tutto) formate da magistrati competenti in materia e dedicate sia ai richiedenti asilo che ai rimpatri. Questo però, rilevano alcuni oppositori del provvedimento, non solo andrebbe a contrastare l’articolo 102 della Costituzione, secondo cui “non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali”, ma rischierebbe di rendere più lunghi i tempi della burocrazia. Più che le sezioni specializzate, si sarebbe potuto “dare più potere al tribunale del luogo in cui il richiedente ha il suo domicilio, per avvicinare la burocrazia al richiedente, anche fisicamente”, dice Gianfranco Schiavone, l’avvocato di Asgi (associazione studi giuridici sull’immigrazione).
L’eliminazione dell’appello. Il punto più critico del dl sarebbe l’eliminazione dell’appello, ovvero di uno dei tre gradi di giudizio previsti dal nostro ordinamento. Così facendo, in caso in cui il richiedente asilo voglia fare ricorso, potrà farlo solo in Cassazione. Così formulata la norma sembrerebbe, sempre secondo le parole di Schiavone, “iniqua e ingiusta”.
Istituzione dei Cpr (centri di permanenza per il rimpatrio). Col decreto, infine, verranno istituiti centri più piccoli rispetto ai già esistenti Cie, volti a rendere più veloce il rimpatrio dei non aventi diritto all’asilo. “Per la quarta volta questi centri vengono rinominati ma senza modificare gli aspetti rilevanti”, conclude Schiavone.