ROMA – Quattrodici arresti e un’indagine per istigazione al suicidio avviata dalla Procura di Roma. Sono questi i provvedimenti che arrivano il giorno dopo i disordini nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria a Roma innescati dal suicidio di 22enne originario della Guinea. Il giovane, arrivato nel Cpr dalla Sicilia da pochi giorni, si è suicidato impiccandosi con un lenzuolo.
La morte del giovane ha causato una rivolta degli ospiti della struttura, che ha provocato il ferimento di due carabinieri e di un militare dell’Esercito. I disordini – tra lancio di sassi, il tentativo di incendiare un’auto e quello di sfondare una porta – sono stati sedati dalle forze dell’ordine che si sono avvalsi anche dell’utilizzo di lacrimogeni.
Al fine di ricostruire le ultime ore di vita del ragazzo, gli inquirenti acquisiranno i video dalle telecamere di videosorveglianza presenti all’interno della struttura e analizzeranno il messaggio lasciato dal giovane sul muro della sua stanza poco prima di uccidersi: “Se morissi vorrei che il mio corpo fosse portato in Africa, mia madre ne sarebbe lieta”. Il fascicolo relativo all’indagine per istigazione al suicidio è coordinato dal sostituto procuratore Attilio Pisani che affiderà anche l’incarico di effettuare l’autopsia sul corpo del giovane.
Un caso che riapre la polemica sui Centri di permanenza per il rimpatrio nel nostro Paese. Soprattutto da parte dell’opposizione, che chiede la chiusura del Cpr, da sempre al centro di polemiche per le condizioni in cui versa. Durante il suo intervento al programma di La7 Omnibus il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia ha sottolineato come “i Cpr sono assolutamente inadeguati per essere quello che dovrebbero essere, cioè strutture di passaggio. Quei centri sono solamente da chiudere, mentre il governo ne vuole costruire di nuovi”.