Domani Stati Uniti al voto di Midterm, valido per il rinnovo dell’intera Camera (435 deputati) e di un terzo del Senato (35 senatori su 100). E’ la prima verifica popolare dell’amministrazione Trump, con i democratici dati come leggermente favoriti nei sondaggi.
Conteranno molto anche le dinamiche locali, dato che domani si rieleggono pure 36 governatori su 50 e le Legislature di 46 Stati, per un totale di 6069 seggi statali. In palio anche le amministrazioni di grandi città come San Francisco, Phoenix e Reno.
A conferma della delicatezza politica di questa sfida l’impegno in prima persona di Barack Obama, protagonista di un intenso tour elettorale e ieri grande accusatore di Trump nel comizio di chiusura nella sua Chicago. Per l’ex Presidente il boom dell’economia americana non è merito dell’attuale amministrazione ma suo, e in queste elezioni “sono in gioco i valori del Paese”. Effettivamente il clima della campagna elettorale non è stato sereno, complici i pacchi bomba spediti recentemente nelle case dello stesso Obama, Hillary Clinton, il finanziere di simpatie progressiste George Soros e altri alti esponenti democratici.
D’altra parte Donald Trump non arretra di un passo dalla sua linea, in politica interna ed estera, soprattutto sul tema dell’immigrazione. Oggi partono le sanzioni da lui volute contro l’ Iran, ha già annunciato l’eliminazione dello Ius Soli per decreto e precedentemente ha rilanciato sul muro al confine con il Messico. L’ultima grande contestazione alla sua linea politica a Pittsburgh, con il Presidente fischiatissimo ai funerali delle vittime dell’attentato in sinagoga.
Ma è anche l’elezione con più candidature di afroamericani, militanti lgbt e donne di sempre. E di nuovi protagonisti come la giovanissima stella dem Alexandria Ocasio-Cortez.