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HomeCultura Michelangelo come Copernico, il suo “Giudizio universale” uno spot dell’eliocentrismo

Buonarroti come Copernico
il suo "Giudizio universale"
anticipò l'eliocentrismo

Possibile legame tra arte e astronomia

con il patrocinio di Papa Clemente VII

di Carmelo Leo15 Gennaio 2018
15 Gennaio 2018

Il celebre Giudizio universale, manifesto dell’arte pittorica di Michelangelo Buonarroti, come una curiosa anticipazione delle teorie eliocentriche di Niccolò Copernico. È la teoria avanzata nella seconda metà del Novecento dallo storico dell’arte Charles de Tolnay, che constatò una certa analogia tra la rivoluzione iconografica dell’artista toscano e la concezione universale dimostrata dall’astronomo polacco, suo contemporaneo. Ipotesi ripresa dalla studiosa britannica Valerie Shrimplin, che si è impegnata a dimostrare l’esistenza di un rapporto diretto tra i due, finora mai documentato.

Il De Revolutionibus orbium coelestium di Copernico, opera in netto contrasto con l’allora vigente teoria geocentrica, venne data alle stampe nel 1543. I lavori alla volta della Cappella Sistina furono invece commissionati a Michelangelo già nel 1536. Se il collegamento tra le due opere venisse attestato, significherebbe che con sette anni di anticipo il Giudizio universale presentava un’allegoria di quelle teorie che avrebbero di lì a poco segnato una rivoluzione della conoscenza. E che già nel 1616 sarebbero state messe all’Indice.

Secondo le ricerche di Shrimplin, fu nel 1533 che si creò un legame tra l’artista e lo studioso. A giugno di quell’anno, infatti, Papa Clemente VII si informò a fondo sulla teoria della centralità del Sole. Il modello copernicano lo colpì al punto che maturò in quel momento la decisione di realizzare il Giudizio.

La studiosa britannica procede la sua ricerca analizzando i legami tra  Copernico, Michelangelo e il successore di Clemente VII, Paolo III, sotto il cui pontificato si conclusero i lavori alla Capella Sistina. Copernico basò i suoi studi matematici sulle precedenti teorie di Marsilio Ficino, contenute nel suo De Sole. E tenne nel 1500 alcune lezioni a Roma sui concetti pitagorici, cui pare partecipassero anche Michelangelo e il futuro Papa, al secolo Alessandro Farnese.

Ecco perché secondo Shrimplin è impossibile che i tre non fossero mai entrati in contatto. Anzi, considerando che il De revolutionibus di Copernico è dedicato a Paolo III, anche committente finale del Giudizio, si potrebbe ritenere che già in quelle circostanze si fossero instaurati rapporti diretti tra loro.  

Ecco come il Giudizio universale potrebbe essere stato un manifesto eliocentrico, voluto da due papi. E realizzato proprio nel cuore della cristianità, di quella stessa Chiesa che nel secolo successivo si sarebbe posta a difesa del sistema tolemaico, con i processi a Giordano Bruno e Galileo.

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