Nascosto nel silenzio. Sono trascorsi quasi dieci anni dal quel grave incidente a Meribel in Francia che quasi costò la vita all’ex pilota di Formula 1 Michael Schumacher. Una gravosa caduta dagli sci gli provocò una ferita alla testa, poi il coma e infine il tanto atteso risveglio. Dopo un lungo periodo di riabilitazione nel centro di neuroscienze di Losanna, in Svizzera, l’ex stella della Ferrari ha fatto ritorno a casa, nella sua villa a Gland. Da allora prosegue la riabilitazione nel più assoluto riserbo.
Sette volte campione del mondo con la Ferrari, con cinque titoli ottenuti di fila tra il 2000 e il 2004, Michael Schumacher ha segnato un’epoca della Formula 1. Tanto limpidi sono i suoi successi sportivi, tanto oscuri sono invece le circostanze che hanno portato all’incidente del 2013.
Il pilota tedesco, sciando, sbatte la testa contro una roccia. L’urto è aggravato dall’asta di una telecamera sportiva che gli perfora il casco. I soccorsi, stando a quanto ha rivelato l’emittente tedesca Ard sono arrivati subito ma avrebbero sottovalutato le gravi condizioni di Schumacher, probabilmente ingannati dal fatto che fosse ancora cosciente. Solo dopo l’arrivo dell’elicottero. I medici parlano chiaro: trauma cranico causato da un emorragia celebrale.
L’eco mediatico, inoltre, ha alimentato nel tempo falsi scoop e presunte segnalazioni di cure sperimentali inesistenti che hanno portato la famiglia del campione tedesco a costruire un muro di privacy anche dopo il suo risveglio. Qualche volta rispondendo anche con azioni legali, come quando la rivista tedesca Die Aktuelle divulgò un’intervista a Schumacher realizzata con l’intelligenza artificiale.
L’allora direttore generale della Scuderia Ferrari Jean Todt ricorda al quotidiano La Repubblica come esista un prima e un dopo Schumacher, tanto nel mondo dello sport quanto nel privato. “Ho il privilegio di poter condividere momenti con lui” – ha detto – “Questo è tutto quello che ho da dire”. Lo stesso pensa la moglie di Schumacher Corinna Betsch che qualche anno fa, in un documentario che porta il nome del campione tedesco ha detto: “Michael è diverso ma c’è, è questo che ci dà la forza”.