Ricardo Monlui, giornalista e direttore El Político è stato assassinato in Messico nello stato di Veracruz davanti alla moglie e al figlio a Yanga, vicino Cordoba. Lo stato messicano di Veracruz è uno dei posti peggiori dove fare il giornalista: tra il 2011 e il 2016 sono stati uccisi 16 giornalisti. Sono almeno 107 i reporter morti ammazzati dal 2000.
In compagnia di Iraq e Afghanistan, il Messico occupa le prime posizioni nella classifica internazionale elaborata da Reporter senza frontiere per i rischi e gli attentati contro la libertà di stampa e d’espressione. Inoltre sono 23 i giornalisti spariti dal 2003 ad oggi. La gran parte di loro indagava su notizie di cronaca o sulla criminalità organizzata nelle cui attività erano coinvolti poliziotti federali, statali e municipali, oppure membri delle forze armate. Ognuno di questi omicidi, spesso preceduti da torture a minacce, è avvenuta durante l’amministrazione del governatore di Veracruz, Javier Duarte dirigente di spicco del “Partido Revolucionario Institucional” come il presidente Enrique Peña Nieto, e soprannominato “El mata-periodistas”, l’ammazza giornalisti. Dopo aver concluso il suo mandato il 12 ottobre del 2016, Duarte è ora ricercato dalla giustizia per corruzione.
Il Veracruz è un territorio di passaggio degli stupefacenti, di migranti centroamericani e messicani. La lotta per controllare questo business tra il decadente cartello del Golfo e gli Zetas, ha generato la violenza che ha come vittime anche i giornalisti. Tra gli omicidi più celebri ci sono quelli di Regina Martínez, e del fotoreporter Rubén Espinosa, corrispondente della rivista “Proceso” uccisi insieme ad altre tre persone a Città del Messico e della trentaduenne Anabel Flores, torturata, uccisa e ritrovata il 10 febbraio 2016, quindici giorni dopo essere diventata mamma per la seconda volta.