Dopo la chiusa dell’accordo sul Mes raggiunto in nottata, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è presentato alla Camera dei deputati e ha spiegato chiaramente all’aula la posizione del suo esecutivo sul fondo Salva-Stati: “Il governo italiano intende promuovere, in seno al Consiglio europeo, una maggiore coesione fra i leader. Questo, nella famiglia europea, non è il tempo per dividersi o per lasciarsi dividere”. Poi è scoppiata la bagarre, con la Lega che ha intonato il coro “venduti, venduti” contro la maggioranza, mentre il deputato del Carroccio Claudio Borghi ha accusato il premier di essere “un traditore adagiato sui divanetti con la Merkel, Macron e Rocco Casalino”. E ancora Igor Iezzi, parlamentare della Lega, ha denunciato l’aula vuota su Facebook.
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“La revisione del Mes non apporta modifiche sostanziali al trattato già esistente e non introduce alcun automatismo nella ristrutturazione del debito di uno Stato – ha spiegato Conte – ma lascia alla Commissione europea il fondamentale ruolo di valutarne la sostenibilità e di assicurare la coerenza complessiva delle analisi macroeconomiche effettuate sui Paesi membri”. Il nostro Paese, secondo il premier, “non ha nulla da temere, perché il suo debito è pienamente sostenibile”. Anche se “un dibattito portato avanti in modo molto confuso rischia di indurre il sospetto che siamo noi stessi a dubitare dell’impegno assunto di mantenere il debito su un sentiero di piena sostenibilità”.
Per questo è bisogna “stare attenti a non insinuare dubbi e paure nei cittadini italiani, tanto più che alcune delle posizioni che si sono delineate nel corso del dibattito pubblico hanno svelato l’auspicio di portare il nostro Paese fuori dall’euro-zona o, addirittura, dall’Unione europea”, ha continuato Conte. Se questo è l’obiettivo di qualcuno “allora converrebbe chiarirlo in modo esplicito, affinché il dibattito pubblico sia trasparente e i cittadini italiani possano essere informati di tutte le implicazioni che tali posizioni portano con sé”.
Il governo continuerà a operare secondo una logica “di pacchetto”, lo avevano annunciato fonti del Movimento, lo ha spiegato il premier e lo ha confermato Luigi Di Maio, che poi ha insistito: “finché non avremo un quadro chiaro della situazione non si firma e non si approva niente”.