KHAN YUNIS (GAZA) – Non c’è tregua per il conflitto in Medio Oriente. Nella notte del 9 settembre l’esercito israeliano ha lanciato un nuovo raid a Khan Younis, a sud della striscia di Gaza. Questa volta ha colpito il campo profughi di Al-Mawashi causando almeno “40 morti e 60 feriti”, ha riferito Hamas. Ma sui numeri ci sono ancora numerosi dubbi da chiarire. L’esercito israeliano respinge, infatti, i dati pubblicati dal gruppo terroristico dichiarando che quelli forniti dall’ufficio di informazione del governo di Gaza non coincidono con quelli in possesso dell’Idf. Per il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, le capacità militari di Hamas sono state gravemente danneggiate negli ultimi undici mesi. “Hamas come formazione militare non esiste più”, ha detto il ministro.
L’obiettivo di Israele
L’attacco sarebbe stato “mirato e basato su informazioni di intelligence contro alcuni esponenti dell’organizzazione terroristica” che operavano da un centro di controllo posizionato proprio nell’area umanitaria colpita. Sempre secondo Israele nell’attacco sarebbe stato colpito Samer Ismail Khader Abu-Daqqa, capo delle forze aeree della cellula terroristica. Gli altri obiettivi del raid erano Osama Tabash, responsabile della sorveglianza e degli obiettivi nell’intelligence di Hamas e Ayman Mabhouh, un altro alto ufficiale. Tutti e tre erano “direttamente coinvolti nel massacro del 7 ottobre”.
La risposta di Hamas e la visita di Abu Mazen
Non si è fatta attendere la smentita del gruppo terroristico, che ha negato la presenza di propri combattenti all’interno del campo profughi. “Le accuse dell’occupazione sulla presenza di combattenti della resistenza – spiega una nota su Telegram – sono una palese menzogna”. Intanto, secondo un’indiscerzione del Jerusalem Post, L’Egitto ha consentito al presidente dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, di entrare nella Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah a condizione che Israele approvi il suo ingresso. La visita era stata annunciata il 15 agosto e al momento si attende l’autorizzazione del primo ministro, Benjamin Netanyahu.
Le reazioni
Turchia e Iran condannano il raid. “Il governo genocida di Netanyahu ha aggiunto un nuovo crimine di guerra. Coloro che commettono questi atti saranno ritenuti responsabili di fronte al diritto internazionale. Continueremo a stare al fianco dei palestinesi nella loro marcia per la giustizia e la libertà”, scrive in un comunicato il ministro degli Esteri di Ankara. L’Iran, da parte sua, lancia un appello affinché le organizzazioni internazionali agiscano contro lo Stato ebraico. “Le organizzazioni internazionali, in particolare il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dovrebbero adottare un’azione immediata ed efficace per creare un deterrente e contenere i crimini illimitati del regime sionista”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanani.