L’emendamento al decreto Covid “anti-scalata”, per le società che operano nelle telecomunicazioni, è arrivato in Senato nella serata di ieri. La norma, depositata dalla senatrice Pd Valeria Valente, alla luce della sentenza della Corte Ue sul caso Mediaset-Vivendi, prevede che, per sei mesi, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sia tenuta ad avviare un’istruttoria nel caso in cui un soggetto “operi contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e in un mercato diverso, ricadente nel sistema integrato delle comunicazioni, anche attraverso partecipazioni in grado di determinare un’influenza notevole”. L’istruttoria è “volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo”.
La norma, che secondo molti osservatori è un chiaro assist a Mediaset, non era stata inserita, come invece si prospettava da alcune bozze all’esame del Consiglio dei ministri, nel decreto “Ristori bis” pubblicato lo scorso 10 novembre. L’emendamento mira a proteggere le aziende televisive ed editoriali italiane ma, in sostanza, tenta di impedire la scalata dell’azienda francese Vivendi. Questo accade dopo che la Corte di giustizia Ue, ad inizio settembre, aveva bocciato parte della legge Gasparri-Mediaset: la norma italiana, secondo il tribunale di Amsterdam, avrebbe violato il diritto dell’Unione e “costituito un ostacolo alla libertà di stabilimento”. Il decreto Gasparri prevedeva, per le comunicazioni, il congelamento della partecipazione del gruppo Vivendi in Mediaset al restante 19,9%, di cui era già in possesso.
La norma giunta in Senato ieri, dunque, che alcuni avrebbero voluto figurasse come articolo nell’ultimo decreto “salva economia”, resterà un emendamento di maggioranza formulato in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Il Biscione, con qualche tutela in più, guarda avanti e conferma oggi un utile netto di 29,4 milioni nell’ultimo trimestre dell’anno, permettendo un risultato positivo anche per il complesso dei primi nove mesi: 10,5 milioni.