CASSINO – “Far cessare, ovunque, il fuoco delle armi e riaprire una speranza di pace, di ripristino del diritto violato, della dignità riconosciuta a ogni comunità”. Sono dirette le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Cassino, durante la commemorazione dell’ottantesimo anniversario della distruzione dell’Abbazia. Presenti alla cerimonia, tra gli altri, anche i ministri degli Interni Matteo Piantedosi e delle Riforme Elisabetta Casellati e il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta.
L’importanza di ricordare
Un luogo simbolo di guerra e di reminiscenza. Il Capo dello Stato ha sottolineato l’importanza di “far memoria di tragedia” di una “battaglia così sanguinosa, come quella di Cassino”. Città poi elevata ad esempio di ripresa e resilienza: “Cassino martire, ma Cassino anche protagonista, straordinaria testimone di risalita dall’abisso”.
Una “tragedia dalle dimensioni umane spaventose” dove “avvennero scontri tra i più cruenti e devastanti” nello scenario della Seconda Guerra mondiale. “Gli storici ci consegnano la cifra di 200 mila morti” – ricorda il presidente – quale conseguenza dei 129 giorni di combattimenti qui avvenuti”. Verso le vittime civili della strage si scatena un sentimento di pietà che, secondo il Presidente, non può che tramutarsi in “moto di ripulsa da parte di tutte le coscienze” oggi.
Il richiamo all’attualità
“L’Italia deve costruire ponti di dialogo, di collaborazione con le altre nazioni, nel rispetto di ciascun popolo”. Sono parole di unione quelle aggiunte dal Presidente, che dalla tragedia consumatasi il 15 marzo 1944, guarda oltre le macerie e parla di futuro. Immancabile il riferimento alla Costituzione, in particolare all’articolo 11, dove si evince la posizione della Repubblica italiana nei confronti della guerra: “Strumento ripudiato di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Dall’esempio del comune del Frusinate, il richiamo all’attualità: “Contavamo che l’Europa, fondata su una promessa di pace, non dovesse più conoscere guerre” e invece “sono mesi – ormai anni – amari quelli che stiamo attraversando”. L’Europa è perciò chiamata “ad assumersi “un ruolo permanente nella costruzione di una pace fondata sulla dignità e sulla libertà”, perché “la guerra non sa arrestarsi sulla soglia della barbarie”. Ma è arrivato il momento di cambiare, guardando anche agli esempi virtuosi del passato.