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Massimo Fini dice addio alla scrittura: “Sono cieco, la mia storia di giornalista finisce qui”

di Samantha De Martin11 Marzo 2015
11 Marzo 2015

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È un congedo affidato alla bacheca personale di Facebook quello annunciato dal giornalista e scrittore Massimo Fini (nella foto in alto) che esce per sempre dalle pagine della scrittura con un commiato amaro rivolto ai propri lettori: “Sono diventato cieco o, per essere più precisi, semicieco o ‘ipovedente’ per usare il linguaggio da collitorti dei medici. La mia storia di scrittore e giornalista finisce qui”.

Il cronista ed editorialista Massimo Fini, che ha collaborato con quasi 100 testate, tra cui l’Avanti, l’Europeo, Il Giorno, L’Indipendente, il Fatto Quotidiano e il Gazzettino, nel suo addio al pubblico, ha citato “Una vita”, il suo ultimo lavoro autobiografico. “Del resto – ha spiegato lo scrittore quasi con un sospiro impercettibile che si alza dal social network – nella vita arriva sempre un momento in cui, per una ragione o per l’altra, si deve uscire di scena”.

L’amaro commiato di Fini è contenuto anche in un botta e risposta tra il giornalista, amico e collaboratore del Fatto Quotidiano, e Marco Travaglio. Una confessione pubblicata oggi sulle pagine del Fatto, in cui Fini rivela la propria scelta di rinunciare alla scrittura, vinto dalla cecità: “Sono un giornalista, un saggista, nella migliore delle ipotesi un pensatore, che ha bisogno di documentarsi. Non voglio finire come un suppellettile. Sono come uno zolfanello che per accendersi, e poi anche incendiarsi, ha bisogno di strofinarsi a qualcosa”. Allo scrittore lombardo, classe 1943, che, sconfitto dalla cecità, preferisce “uscire in bellezza” dalla scena, piuttosto che trascinarsi “con una qualità declinante”, Travaglio assicura: “Il Fatto ha più che mai bisogno di te, del tuo pensiero urticante e mai scontato. Se non potrai leggere potrai scrivere. Se non potrai scrivere potrai parlare”. Poi il direttore del Fatto, sempre rivolgendosi a Fini, ricorda Montanelli: “Chi ti dice che non poter più leggere i giornali sia una disgrazia? Montanelli, specie negli ultimi anni, lasciava la mazzetta dei quotidiani praticamente intonsa: eppure, quando si metteva alla scrivania e faceva ticchettare la sua Olivetti, era sempre un prodigio e una delizia”.

E mentre il giornalista sceglie di scivolare via dalla scena, in una silenziosa cecità che ostacola le proprie ambizioni di studioso e scrittore, il sito, come annunciato dallo stesso Fini, resterà aperto “per chi voglia sottoscrivere il Manifesto, per le mail (ho qualcuno che mi dà una mano) per inviti, conferenze, interviste perché se ho perso l’uso della vista non ho perso quello della parola e, spero, nemmeno il ben dell’intelletto”.

 

Samantha De Martin

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