Non è un Sanremo qualunque, questo, per Marco Masini. Si tratta di un regalo che si è concesso per i trent’anni di carriera, in una serie di festeggiamenti che partono da qui e arriveranno fino a un concerto, a settembre, all’Arena di Verona. “Un sogno – dice subito – che si realizza”.
Ma cos’è cambiato, in lui, dal 1990 a oggi? “Tutto ciò che mi è capitato nel frattempo mi ha dato coraggio. Per quanto riguarda la musica, sono cambiati i parametri di ascolto e scrittura. Ecco: io sono qua, nel 2020, per imparare dai giovani”.
E “Vaffanculo” oggi come la riscriverebbe? “Scriverei piuttosto una canzone di pace. Ai giovani, un altro ‘vaffanculo’ non serve. I giovani hanno bisogno di nuovo di ideali, di politici veri, non di marketing. Ma sono comunque orgoglioso di ciò che ho fatto negli anni Novanta: ho raccontato lo smarrimento di quella generazione”.
Ma come ha visto i giovani di questo Festival? “Bene, perché non prendono con sufficienza questo palco. C’è tensione, in loro come in me. Ed è bello così”.
Trent’anni di carriera, intanto, conditi da nove partecipazioni a Sanremo. “Il più importante rimane quello del 2004, dove cantai della paternità e anche a livello di apprezzamenti andò molto bene”.
Giovedì Masini canterà come cover “Vacanze romane”, dei Matia Bazar, insieme ad Arisa. “Mia madre se ne innamorò nel 1983, ma poco dopo morì. E Arisa ha una voce perfetta per questo pezzo”. Nel frattempo, martedì ha presentato il suo inedito, “Il confronto”: “Un pezzo liberatorio, una sorta di bilancio della mia vita”.