Chi vorrà uscire dall’Islam, almeno in Marocco, non rischierà più la condanna a morte per apostasia. Lo ha deciso il Consiglio superiore degli Ulema, massima autorità religiosa del paese, che apre sulla libertà di convertirsi ad altre religioni.
La svolta storica è stata lanciata con la fatwa (responso giuridico sul diritto o culto islamico ndr) intitolata “La via degli eruditi”. Con questo documento gli Ulema marocchini (commissione laica di teologi considerati come tutori della legge religiosa ndr) hanno superato uno dei nodi cruciali della sharia (legge islamica). L’assemblea di giureconsulti ha deciso che l’apostasia, ovvero il ripudio del proprio credo religioso, non potrà più essere punito con la pena di morte. Il reato non sarà più una questione religiosa, ma politica, e in quanto tale sarà giudicata come alto tradimento. A darne notizia è stata questa mattina l’agenzia Ansa che cita il sito Morocco world News.
Nonostante sia un unicum nel mondo islamico, la decisione è tutt’altro che una novità. La scuola religiosa Sufyan al-Thawri aveva notato, già nel primo secolo dopo Cristo, che le condanne a morte per apostasia a fini politici, erano basate sulla religione. L’alto comitato religioso interpreta il corano e ragiona: le opere di chi abbandona la sua religione diventano inutili in questo mondo e nell’altro, ma egli muore solo nell’aldilà, mentre in questa vita deve essere lasciato andare via. «Colui che lascia la sua religione abbandona il suo popolo» in senso politico scrivono i saggi. Nel documento spiegano che durante il primo Califfato, considerate le numerose divisioni interne, gli apostati rappresentano una minaccia nel rivelare i segreti dei nemici alla nuova Umma (la comunità politico ideologica dei credenti ndr).
La libertà di lasciare l’Islam per abbracciare altre religioni è in piena linea con la visione del re Mohammed VI che ha deciso di muovere guerra all’estremismo. Il Marocco è un paese che tradizionalmente rispetta da sempre il pluralismo religioso.