Potrebbe presto tornare in Italia per curarsi Massimiliano Latorre, 47 anni, sottufficiale della Brigata Marina San Marco, colpito nei giorni scorsi da una lieve ischemia mentre si trovava – ormai da due anni e mezzo – agli arresti domiciliari presso la nostra ambasciata in India. Il governo dello Stato asiatico ha infatti risposto con un burocratico (ma pieno di sostanza politica) ‘nulla osta’ alla Corte Suprema dell’India, che aveva richiesto il suo parere prima di decidere, venerdì prossimo, in merito alla richiesta avanzata dagli avvocati del marò.
Verso la soluzione? Il malore di Latorre potrebbe essere l’occasione per avviare finalmente la soluzione della vicenda, già favorita indirettamente dal recente cambio di governo in India e dalla nomina del ministro Federica Mogherini a prossimo Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea. In caso di concessione del permesso temporaneo di rimpatrio, infatti, è verosimile che i due governi mettano in atto pressioni per chiudere la vicenda prima della sua scadenza: sia per non ripetere le polemiche che avvennero lo scorso anno al termine di un “permesso elettorale” di quattro settimane, sia per ridurre quanto prima l’asimmetria che si verrebbe a creare, con un accusato in Italia e l’altro in India.
30 mesi in India. Massimiliano Latorre è infatti trattenuto in India dal febbraio 2012 insieme al suo giovane collega Salvatore Girone. Su di loro pende l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani, scambiandoli per pirati, durante una missione antipirateria a bordo del mercantile italiano “Enrica Lexie”. Attirati a terra con uno stratagemma, sono stati inizialmente arrestati dalle autorità dello stato indiano del Kerala. Successivamente la competenza è stata avocata dalla giustizia federale di New Delhi, «in quanto i fatti si sono svolti in acque internazionali», ma da allora si è assistito a continui rinvii, senza che il processo sia mai neppure iniziato. Per questo l’Italia ha già deciso da mesi di contestare la sovranità indiana sul caso «perché i due militari sono coperti da immunità funzionale», come ha ripetuto anche recentemente il ministro della Difesa Roberta Pinotti, e sta meditando – senza però averlo ancora fatto ufficialmente – di richiedere un arbitrato internazionale all’Onu.
Di Alessandro Testa