Se i due maro’ ritornano in India entro domani “si può porre rimedio a questa sfortunata situazione”. Secondo il ministro della Giustizia indiano Ashwani Kumar è solo questa la strada per risolvere l’impasse diplomatica che si è creata tra Italia e India, dopo che i due maro’ Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, arrestati per aver ucciso due pescatori indiani un anno e un mese fa, non hanno fatto rientro nel paese. Un’impasse che sta assumendo toni molto accesi, visto che all’ambasciatore italiano è stata revocata l’immunità diplomatica ed è praticamente ostaggio delle autorità indiane. Lo stesso Kumar ha ammesso che le autorità “sono obbligate ad adeguarsi agli ordini della Corte Suprema” e che il governo “spiegherà la sua posizione nella prossima udienza del 2 aprile”. Kumar appare tuttavia sicuro delle ragioni dell’Alta Corte, dato che ha affermato che la questione è “una situazione senza precedenti e si deve presumere chela Corte Supremaconosca meglio di chiunque altro la questione dell’immunità diplomatica e gli obblighi del diritto internazionale. Dopo essersi sottoposto alla giurisdizione del più alto tribunale indiano, ci si attendeva che il governo italiano, coerente con la necessità di mantenere relazioni armoniose tra i due Paesi, onorasse le direttive della Corte”.
Gli errori della diplomazia italiana. Quello che traspare, quanto ai comportamenti diplomatici italiani, sono le mosse sbagliate in tutta questa vicenda. In primis quella nota inviata l’11 marzo scorso dalla Farnesina al ministero degli Esteri indiano in cui si annuncia definitivamente la decisione di non rispedire più i fucilieri in India. Un errore clamoroso, secondo molti, per i quali si poteva tentare di alzare la tensione poco alla volta fino al 22 marzo. Anche perché con la sentenza del 18 gennaio, quella in cuila Corte Suprema conferma la giurisdizione indiana e chiede di costituire un “tribunale speciale” per due marò, era davvero un argomento centrale a favore delle ragioni dell’Italia. Dopo quella sentenza l’India decideva di fare il processo a casa sua, ma soprattutto paventava un “tribunale speciale” che è vietato dalla Costituzione italiana ma anche dalle più elementari norme per il “processo giusto” previste da trattati internazionali e dalle leggi nazionali. Tuttavia la volontà di procedere in segretezza, oltre a deformare la percezione che i diplomatici vicini al ministro degli Esteri Terzi, ha fatto perdere anche di lucidità, e non si è colta l’occasione di un coinvolgimento tempestivo di Unione europea e Onu. L’impressione che molti hanno è che Terzi e il ministro della Difesa Di Paola stiano gestendo questa crisi come fosse un colpo di mano, una rapina in piena regola.
I filoni giudiziari. Intanto per i due maro’ si riaprono in Italia i due fronti giudiziari che non erano mai stati completamente avviati: quello della procura ordinaria e quello della procura militare. Il tribunale di Roma, nell’ambito dell’indagine per omicidio volontario, ha disposto ieri una perizia tecnica su un computer di bordo del mercantile “Enrica Lexie” su cui viaggiavano Girone e Latorre. I pm hanno inoltre inviato una rogatoria internazionale per chiedere, di nuovo, copia delle verifiche balistiche e degli accertamenti tecnici condotti in India sulle armi utilizzate. Quanto all’indagine della giustizia militare, i due maro’ Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono indagati dalla procura militare di Roma per i reati di violata consegna aggravata e dispersione di oggetti di armamento militare. La loro iscrizione nel registro degli indagati risale a subito dopo la morte dei due pescatori indiani, ma si e’ appresa solo ieri sera dopo l’interrogatorio di Girone. La procura militare sta ora valutando la trasmissione degli atti alla procura ordinaria di Roma, che indaga per il più grave reato di omicidio volontario.