E’ finita con un divorzio consensuale ed un comunicato stampa congiunto la lunga telenovela al Comune di Roma tra il sindaco Ignazio Marino e l’ormai ex assessore al Bilancio Daniela Morgante. Da ieri i conti della Capitale sono in mano, ad interim, allo stesso primo cittadino, che a quanto pare ha ceduto alle pressioni dell’Assemblea capitolina per “ammorbidire” la linea del rigore a oltranza, portata avanti per quasi un anno dalla Morgante, magistrato quarantunenne della Corte dei Conti ed assessore esterno “di prestigio” della giunta Marino, che la scelse apposta per offrire un segnale di discontinuità rispetto alle allegre gestioni dei suoi predecessori, che hanno portato – cumulativamente – il Comune di Roma sull’orlo del dissesto finanziario.
Il nodo del Bilancio. La decisione di Marino era probabilmente maturata già lunedì scorso, durante il loro lungo incontro a quattrocchi. Il maggior risultato della Morgante è senza dubbio il bilancio 2013, ufficialmente “di previsione”, ma lasciato colpevolmente aperto dalla ex giunta Alemanno e rifatto ex novo dalla giunta Marino che – anche grazie ad una proroga del prefetto – è riuscito a farlo approvare dalla nuova Assemblea capitolina lo scorso dicembre, ad un passo da un immeritato commissariamento obbligatorio per legge del Comune. Forte di questo successo, la Morgante aveva iniziato subito a lavorare sul bilancio 2014, ma una volta passata la grande paura si era ritrovata ben presto isolata. Archiviata con fatica la lunga polemica con il suo collega alla Mobilità Guido Improta (Pd), l’assessore “di ferro”, che non hai mai avuto l’appoggio dei partiti – l’ultimo episodio è la stata la recente approvazione all’unanimità da parte dell’Assemblea capitolina di una mozione a favore del «mantenimento integrale dei livelli di reddito» di tutti i numerosissimi dipendenti comunali – ha perso pian piano quello dello stesso sindaco.
Una nuova Giunta politica? Adesso sono in molti – più o meno apertamente – a rallegrarsi per la “normalizzazione” della giunta Marino, che molto probabilmente subirà un rimpasto più generale dopo Pasqua (al Bilancio potrebbe andare il vicesindaco Luigi Nieri, di Sel, che ha già ricoperto lo stesso incarico alla Regione Lazio durante la giunta Marrazzo). Scontato il giubilo dell’opposizione, dall’ex vicesindaco Sveva Belviso (oggi Ncd), che invita il sindaco a «togliere il disturbo», ad Annagrazia Calabria (Forza Italia), secondo cui «Marino perde pezzi». Caustica come sempre la reazione del Movimento Cinque Stelle, con l’ex capogruppo alla Camera Daniela Lombardi che parla di «sacrificio umano» della Morgante, in nome di un presunto «accordo tra Marino e Renzi».
L’ira di Renzi. All’interno dell’Assemblea capitolina il commento più lucido è però forse quello del candidato sindaco sconfitto Alfio Marchini, che parla di «scelta suicida». E’ noto infatti che Marino ha potuto chiudere davvero il bilancio 2013 solo grazie ai 500 milioni erogati dal Governo con il decreto “salva Roma”, approvato dalla Camera ed ancora in giacenza al Senato dopo il flop di ben due tentativi precedenti dell’ex governo Letta. Il testo attuale prevede l’obbligo di approvazione del bilancio 2014 entro il 31 luglio e impone al Campidoglio un giro di vite sui dirigenti comunali e sull’amplissimo portafoglio di società partecipate, molte delle quali in perdita cronica, ma usate spesso dalla politica romana per trovare lavoro a figli, fidanzate e “amici degli amici”. Da Palazzo Chigi non sono arrivate dichiarazioni – salvo un eloquente «questi sono matti» captato nei corridoi – ma è chiaro che Renzi non ha affatto gradito la mossa di Marino: un po’ perché il segretario del Pd aveva chiesto a tutti di non creare problemi prima delle – delicatissime – elezioni europee del 25 maggio. Ma il problema è ben più ampio: il premier “rottamatore” ed ex sindaco di Firenze ha infatti impegnato la sua scommessa di governo sulla promessa riduzione dei costi della politica, ed ha annunciato che a maggio varerà una drastica semplificazione della pubblica amministrazione, perciò di certo non gradisce le resistenze a oltranza su questa linea del Pd capitolino, che il sindaco-chirurgo sembra ora aver fatto proprie. Già una volta Renzi aveva rimproverato Marino, “colpevole” di proteste eccessive di fronte al ritiro del secondo decreto salva-Roma, e in queste ore la deputata renziana Simona Bonafé – capolista pd alle Europee nella circoscrizione centro – ha preso significativamente le parti della Morgante. L’impressione generale è che la situazione in Campidoglio stia precipitando e che dopo la Pasqua e la “tregua elettorale” si arriverà alla resa dei conti.
Di Alessandro Testa