HomeCronaca Roma, addio. Marino si è dimesso dopo una giornata drammatica. “Lo faccio per il bene della città ma sono sempre pronto a ripensarci”. E a maggio si vota

Roma, addio. Marino si è dimesso dopo una giornata drammatica. “Lo faccio per il bene della città ma sono sempre pronto a ripensarci”. E a maggio si vota

di Alessandra Aurilia08 Ottobre 2015
08 Ottobre 2015

Ha resistito per ore alle pressioni, alle preghiere, persino all’ultimatum che veniva anche dal suo stesso partito. Ma alla fine Marino si è arreso, rassegnando in serata, poco prima delle 20, le sue  dimissioni. “Lo faccio per il bene della città ma dal mio lavoro dipende il futuro di Roma”, ha scritto in un messaggio ai romani, pubblicato su Facebook. Nel pomeriggio la riunione di giunta aveva già indicato la strada da seguire: invito a Marino a dimettersi, come avevano già fatto il vicesindaco Marco Causi e gli assessori Stefano Esposito e Luigina Di Liegro. “Non ci sono più le condizioni per andare avanti”, avevano detto. Poi è iniziato il pressing su Marino anche da parte del Pd romano: il commissario Matteo Orfini attendeva la decisione per le 16, ma il sindaco continuava a resistere tanto che si era pensato ad una soluzione bis: sfiduciarlo con una mozione in Consiglio comunale. Ora, comunque, dopo le dimissioni (ma Marino ha anche detto di avere “ventuno giorni per ripensarci”) il vicesindaco Causi prenderà il suo posto per il tempo minimo necessario a nominare un commissario. Poi, a maggio, si tornerà alle urne.

Si è chiusa così una giornata drammatica iniziata nel palazzo Senatorio del Campidoglio nel primo pomeriggio. Fuori, in piazza, un po’ alla volta si sono assiepati centinaia di giornalisti e cameraman delle televisioni, ma anche gruppi di oppositori che con cartelli e slogan invitavano Marino ad andarsene. Più tardi si è radunato anche un piccolo gruppo di sostenitori del sindaco che lo invitavano a resistere. Poi l’ipotesi di una mozione di sfiducia presentata da Sel contro il sindaco di Roma dopo lo scandalo sulle spese pazze sostenute con la carta di credito del Comune aveva fatto capire che non c’erano molte possibilità  per Marino di restare. E anche all’interno del Pd  non c’era più nessuno pronto a sostenerlo, neppure il fedelissimo Matteo Orfini, lo stesso che ieri sera, al termine di una giornata convulsa, condita dalle smentite di ambasciate e ristoratori, ha convinto Marino a fare un passo indietro.
«In questi due anni ho speso meno di 20mila euro per rappresentanza, e li ho spesi nell’interesse della città. È di questo che mi si accusa? – ha detto il sindaco – Bene, ho deciso di regalarli tutti di tasca mia a Roma e di non avere più una carta di credito del Comune a mio nome». Aggiungendo, dopo essersi dimesso, di essere stato “vittima di una vera e propria aggressione”, dalla quale non lo ha difeso “neppure chi poteva”.

Nel mirino della Procura. Dopo il “Panda-gate”, c’era stato anche un nuovo capitolo dello “scontrino-gate”. Non è bastato pubblicare sul sito del Campidoglio, solo una settimana fa, ben 492 pagine di scontrini e ricevute sulle presunte “spese istituzionali” sostenute dall’inizio del suo mandato. Il tentativo di Marino di uscire dalla bufera che lo vede di nuovo protagonista ha convinto la Procura di Roma ad aprire un fascicolo con l’ipotesi di reato di peculato, per indagare sugli atti relativi alla carta di credito e chiarire i motivi per i quali il plafond è stato portato da 10mila a 50mila euro, a seguito degli esposti presentati da Movimento 5 Stelle, Fdl e Lista Marchini.

Le cene incriminate. Al vaglio della magistratura è una catena di smentite sulle presunte cene «per motivi istituzionali» pagate da Marino con la carta di credito del Campidoglio in diversi ristoranti italiani. Da quella dell’ambasciatore del Vietnam che, secondo gli scontrini, avrebbe cenato con il sindaco all’”Antico Girarrosto Toscano” il 6 settembre 2013 («Nessuna cena, c’è stato solo un incontro istituzionale», ha chiarito Dang Thi Phuong Thao, segretaria e assistente dell’ambasciatore), a quella della Comunità di Sant’Egidio («Nessun responsabile del nostro movimento ha cenato con Marino a spese del Comune»), a quella di Don Damiano Modena, al quale l’ex chirurgo avrebbe offerto una cena da 93 euro all’”Archimede Sant’Eustachio” di Roma l’8 novembre 2013 («Non so nemmeno se mi sono fermato a Roma  la sera»). Ci sarebbe persino una cena da 120 euro avuta il 27 luglio 2013 alla “Taverna degli amici” con un rappresentante dell’Organizzazione mondiale della Sanità («Era con sua moglie – ha detto il titolare del ristorante – La signora era passata nel pomeriggio a prenotare per due»).

Renzi: «Non può durare». L’ipotesi di dimissioni si era fatta così sempre più vicina e le richieste arrivavano ormai da tutte le parti («Marino dimettiti e Roma subito al voto!», è tornato a twittare ieri sera Beppe Grillo). «Non si può più andare avanti così», ha detto ieri Matteo Renzi a palazzo Chigi, aprendo alla prospettiva – non del tutto conveniente per il Partito, ancora piegato dallo scandalo di Mafia Capitale – di andare alle elezioni a maggio 2016 insieme agli altri comuni, come Milano e Torino.

Alessandra Aurilia

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