Dopo quasi quattro mesi dal disastro della diga di Nova Kakhovka, ancora non si conosce con certezza cosa sia accaduto nella notte tra il 5 e il 6 giugno 2023. Marco Di Liddo, Direttore e Analista responsabile del Desk Africa e Russia e Caucaso presso il Centro Studi Internazionali, spiega a Lumsanews quali siano le teorie più accreditate ad oggi sulla responsabilità dell’esplosione.
Cosa è successo in quei giorni?
“Eravamo nel giugno del 2023. Gli ucraini stavano intensificando i preparativi per la partenza della controffensiva. Erano settimane che si discuteva delle operazioni, di quando gli ucraini sarebbero passati ad un’attività più dinamica e più incisiva. I russi si erano preparati per tutto l’inverno precedente costruendo le linee di difesa. Da parte russa c’era paura che gli ucraini potessero trovare una breccia. In questo contesto il 6 giugno la diga di Kakhovka viene distrutta.”
Ad oggi non si è certi sulla responsabilità dell’evento…
“Sostanzialmente sono tre le teorie principali che ancora oggi sono difficili da verificare in pieno. Una, al momento meno plausibile, parla di un colpo di artiglieria ucraino. L’altra, invece, parla di un collasso dovuto all’insieme dei danni della guerra, quindi dallo stress che la diga ha dovuto subire per i combattimenti, unito al fatto che nelle settimane precedenti i russi avessero aumentato sensibilmente il riempimento, portando la diga al limite della tenuta. Infine, una terza teoria è quella di un’esplosione controllata, quindi l’utilizzo di esplosivi all’interno della diga provocato dai russi nella fase di ritiro da quella sezione del fronte di Kherson.”
Quali potrebbero essere i motivi dell’esplosione da entrambi i fronti?
“Le teorie naturalmente vanno contestualizzate all’interno della strategia militare. Una distruzione della diga avrebbe portato un vantaggio minore agli ucraini perché rendevano una parte del fronte impraticabile. Di contro la distruzione portava un vantaggio importante ai russi, perché bloccava l’avanzata ucraina. Senza calcolare gli enormi impatti ambientali, a cominciare dalla compromissione di tantissimi ettari di terreno agricolo che sono stati inquinati e che probabilmente saranno improduttivi per decenni a venire.”
L’arma dell’acqua è stata utilizzata anche contro i civili? Ci sono stati circa 42mila sfollati. Senza contare poi tutto il disastro ambientale che porta a problemi di salute…
“I civili coinvolti ci sono stati da tutte e due le parti, sia nell’oblast’ occupata dai russi che in quella occupata dagli ucraini. In Russia hanno dimostrato di avere poca attenzione nei confronti della popolazione civile, sia essa la propria o quella dell’avversario. Considerando anche il fatto che questa tecnica di utilizzare la distruzione delle dighe non è nuova nella storia dei russi e dei sovietici, perché già Stalin durante la Seconda Guerra Mondiale per rallentare e per stringere il fronte d’assalto nazista sempre in Ucraina aveva fatto saltare una diga un po’ più a nord di quella di Kakhovka cercando di ottenere lo stesso scopo.”
Il governo ucraino ha detto è impossibile che siano stati gli ucraini a far esplodere la diga, perché il territorio è controllato dai russi. Lei cosa ne pensa?
“L’unica opzione che andava teoricamente verso la responsabilità ucraina era quella dell’utilizzo di un colpo d’artiglieria. Però non ci sono prove anche in fonte aperta di tracce di calore circa quel tipo di attacco. Poi, anche dalle immagini che si vedono, molti esperti, tra cui ingegneri, hanno stabilito che è più probabile che si sia trattato di un collasso strutturale dovuto all’incuria, al riempimento eccessivo dovuto ai danni di guerra. In secondo luogo, molto più probabile risulta un’esplosione dall’interno. Anche perché ci sono state le rilevazioni dei sismografi e anche il rumore dell’esplosione.”
Allora perché gli ucraini sono stati accusati? Quali potrebbero essere le loro motivazioni?
“Le accuse ufficiali agli ucraini provengono sostanzialmente dal governo russo. I motivi teorici potrebbero essere due. Il primo è quello di causare un’emergenza umanitaria e quindi provocare un disagio nella parte occupata dai russi. L’altro, è quello di creare il classico false flag, cioè accusare i russi dell’azione, per trarne un vantaggio di tipo di immagine e politico. Dal mio punto di vista è una motivazione fragile, perché in quel momento non c’era alcun vantaggio militare.
Poi, ricordiamo che dalla parte sud della riva del Dnipro è vero che i territori erano occupati, ma vivevano anche ucraini lì. Quindi, colpire la stessa popolazione civile poteva essere un boomerang. Il danno ecologico sul territorio, inoltre, fa più male agli ucraini che ai russi. Non avrebbe senso compromettere il suolo che vogliono riconquistare. Ritengo per questo la teoria abbastanza fragile. Dal mio punto di vista credo si sia trattata di una demolizione controllata, di un’esplosione fatta dai russi.”