ROMA – La manovra è stata approvata in commissione Bilancio, e il primo via libera della Camera potrebbe arrivare venerdì 20 dicembre. Non basta la maratona della scorsa notte perché, protestano le opposizioni, le riformulazioni degli emendamenti sono troppe per essere valutate nel poco tempo a disposizione. Il testo della manovra approderà in aula giovedì 19 dicembre alle 8 del mattino. Discussione, dichiarazione di voto e voto finale ci saranno entro venerdì in tarda serata.
Nella mattinata di mercoledì 18 la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha aperto alla possibilità di non porre la questione di fiducia sulle legge di bilancio. “Abbiamo cercato di fare del nostro meglio per presentare prima possibile” la manovra, “ho chiesto che ci fosse per il Parlamento il massimo tempo possibile, tutti sappiamo che ci sono dei vincoli, anche europei: so che la fiducia è stata posta in accordo con le opposizioni” ma “se ci fosse un accordo sui tempi senza voto di fiducia sarebbe preferibile, sarei contenta se ci mettessimo d’accordo di farlo senza voto di fiducia”.
Uno di questi è l’emendamento sugli stipendi dei ministri e sottosegretari non parlamentari, cambiato almeno due volte nelle ultime 24 ore. Niente aumento del compenso mensile, ma un rimborso spese, che potrebbe valere 4.600 euro netti al mese in più, per i ministri che non sono residenti a Roma.
Al sicuro, invece, la norma ribattezzata anti-Renzi. L’emendamento vieta ai parlamentari di percepire compensi esteri superiori ai 100.00 euro, mentre per ricompense inferiori a questa cifra servirà l’autorizzazione della Camera di competenza. Il testo viene riscritto con un inedito asse tra Fratelli d’Italia e Movimento 5 stelle, mentre i parlamentari dem fanno inserire nella norma una deroga per i Paesi che fanno parte dello Spazio economico comune e la Svizzera.
Arrivano nuovi fondi per il ponte sullo Stretto. L’emendamento della Lega incrementa di 1,4 miliardi, rispetto agli 11,6 previsti dalla scorsa legge di bilancio, la dote per l’infrastruttura fino al 2023. Una cifra comunque inferiore ai 3 miliardi inizialmente ipotizzati nell’emendamento firmato dal capogruppo leghista Riccardo Molinari.
È scontro tra maggioranza e opposizioni. Elly Schlein già nei giorni scorsi ha criticato l’operato dell’esecutivo, in particolare sull’emendamento che avrebbe aumentato gli stipendi dei ministri non parlamentari. “Mentre con una mano aumentano gli stipendi, con l’altra bloccano il salario minimo”, ha detto all’Assemblea nazionale del Pd. Le critiche sono talmente forti che Meloni è costretta a parlarne in Aula, appoggiando il passo indietro per scongiurare ulteriori polemiche.