In Italia il lavoro domestico irregolare causa allo Stato un danno pari a oltre 3 miliardi di euro annui. È quanto emerge dal rapporto Assindatcolf, l’Associazione sindacale nazionale dei datori di lavoro domestico, secondo cui solo 800mila lavoratori domestici su 2 milioni sono regolari. L’evasione Irpef per il reddito da lavoro domestico non dichiarato, quindi svolto in nero, vale 600 milioni secondo l’Associazione mentre i contributi previdenziali non versati all’Inps sono pari a 1,8 miliardi. Il dato sale fino ai 3,1 miliardi se si tiene conto di coloro che hanno il regolare contratto di lavoro ma non effettuano la dichiarazione dei redditi e anche di chi dichiara meno ore di quelle effettivamente lavorate. Soltanto a causa del cosiddetto “lavoro grigio”, ovvero gli assunti che dichiarano meno ore, l’Inps perde 300 milioni.
“Sei domestici su dieci lavorano nelle case degli italiani senza regolare contratto di assunzione”, sottolinea l’Associazione. “Un piccolo esercito di 1,2 milioni di lavoratori completamente in nero, senza diritti ma anche senza doveri, in grado di generare un considerevole buco nelle casse dello Stato”, prosegue l’Assindatcolf.
Il giro di affari annuo generato dal lavoro domestico in Italia è stimato intorno ad un valore pari a 19,1 miliardi. Il dato rappresenta l’1,25% del Pil, di cui 10,3 miliardi derivanti da lavoro irregolare e 8,8 miliardi da lavoro regolare.
Sono numeri importanti, che fino ad oggi non sono stati sufficientemente tenuti in considerazione da chi ha responsabilità di governo. Invertire la rotta è fondamentale: sia per aiutare le famiglie che, indubbiamente, evadono per necessità ma anche per mettere a sistema un settore che, in una società che tende sempre più all’invecchiamento e non incentiva la natalità, può rappresentare un vero e proprio motore sociale e economico. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di rendere il lavoro regolare meno costoso di quello in nero, come avverrebbe se si potesse interamente dedurre il costo del lavoro domestico – ha affermato il presidente dell’Associazione Renzo Gardella.