“Combinare tecnologia avanzata, riforme normative e cooperazione internazionale”. Per il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, è questa la ricetta giusta per “affrontare la crescente complessità delle comunicazioni criptate utilizzate dalle mafie” e vincere la sfida contro una criminalità organizzata sempre più digitale.
Procuratore Gratteri, quale ruolo sta giocando l’Italia nella lotta contro le mafie digitali?
“L’Italia deve colmare un gap tecnologico che finora non le ha permesso di affrontare adeguatamente le nuove sfide legate a mafie sempre più ibride, evolute e interconnesse. A differenza delle forze dell’ordine italiane, alcune polizie europee sono riuscite a bucare alcune piattaforme che consentivano a molte organizzazioni criminali di comunicare con un particolare tipo di cifratura, definita ‘a curva ellittica’, e diversi livelli di protezione. Bisogna continuare a tenere alta la guardia per evitare di perdere ulteriore terreno rispetto all’evoluzione tecnologica delle organizzazioni criminali. Positiva, in questo senso, è stata la legge 90/2024, incentrata sul rafforzamento della cybersicurezza nazionale e dei reati informatici”.
Come devono evolversi le norme e gli strumenti di controllo?
“Le legislazioni devono favorire la creazione di un quadro che obblighi le aziende a cooperare con le forze dell’ordine nel rispetto della privacy, ma anche per garantire la sicurezza collettiva. Un altro passo importante è l’intensificazione della sorveglianza e del monitoraggio delle piattaforme più difficili da controllare. Questo richiede personale altamente specializzato, in grado di infiltrarsi in ambienti criptati e raccogliere informazioni senza compromettere l’integrità delle indagini. Le tecniche di cyber intelligence devono essere aggiornate per affrontare la crescente sofisticazione delle reti mafiose”.
Cosa dovrebbero fare le forze dell’ordine?
“Le forze dell’ordine dovrebbero far uso delle analisi predittive, basandosi su grandi volumi di dati – i big data – per identificare possibili reati e modelli di comportamento. Questi strumenti permettono di individuare attività sospette anche senza decriptare direttamente ogni singola comunicazione, puntando su comportamenti e connessioni anomale tra soggetti”.
Come possono riuscirci?
“Le mafie non conoscono confini, quindi la lotta alle comunicazioni criptate richiede una forte cooperazione internazionale. Le forze dell’ordine devono essere costantemente aggiornate sulle nuove tecnologie e sulle tecniche avanzate di sorveglianza e investigazione digitale. La formazione in materia di crittografia e analisi digitale deve essere al passo con i progressi della tecnologia per combattere efficacemente il crimine organizzato digitale”.
Le intercettazioni sono ancora un’arma utile nella lotta contro la criminalità organizzata?
“Restano uno strumento cruciale nella lotta contro la criminalità organizzata, ma la loro efficacia deve essere adattata all’evoluzione delle modalità di comunicazione utilizzate dalle mafie, che ricorrono sempre più a tecnologie avanzate per proteggere le loro conversazioni. Le organizzazioni criminali sono in grado di sfruttare sistemi di comunicazione criptati e piattaforme sicure, rendendo più difficile per le forze dell’ordine ottenere informazioni vitali attraverso le tradizionali intercettazioni telefoniche”.
Ritiene sufficienti le politiche adottate finora per contrastare l’operato della criminalità organizzata sul dark web?
“Diciamo che sono in continua evoluzione, ma non ancora sufficienti per affrontare pienamente la portata del problema. Il dark web offre alle mafie e ad altri gruppi criminali un terreno fertile per attività illecite come il traffico di droga, armi, dati rubati e persino attività di riciclaggio di denaro. Nonostante lo Stato italiano e le forze dell’ordine stiano lavorando in sinergia con agenzie internazionali come Europol, Interpol ed Eurojust e stiano sviluppando tecniche avanzate di investigazione digitale, la criminalità organizzata è molto abile nell’adattarsi alle nuove tecnologie”.
Dove bisogna migliorare ancora?
“Le forze dell’ordine devono potenziare le capacità di infiltrarsi e monitorare le reti criminali sul dark web, dove la difficoltà di identificare i criminali aumenta a causa dell’anonimato fornito da tecnologie come Tor (un software che maschera il traffico online, ndr) e monete virtuali. Sebbene siano state effettuate operazioni di successo come l’operazione Silk Road, gli strumenti e le risorse disponibili per monitorare efficacemente queste reti restano limitati. Una maggiore capacità di infiltrazione, con investimenti in formazione e risorse tecnologiche avanzate, è essenziale. Vanno certamente nella giusta direzione la direttiva europea che consente la confisca delle criptoattività e la convenzione sul cybercrime approvata a dicembre 2024 dall’Assemblea delle Nazioni Unite”.