Duro colpo inflitto al clan Rinzivillo, egemone a Gela. Trentacinque arresti in Italia e due in Germania, oltre a società e beni del valore di 11 milioni di euro sottoposti a sequestro. È questo il bilancio del maxi-blitz effettuato in mattinata dalle forze dell’ordine tra Sicilia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Colonia. Le 37 persone sottoposte a custodia cautelare sono accusate a vario titolo di «plurime condotte criminali aggravate dal metodo mafioso». Tra queste, spiccano spaccio di droga, estorsioni, traffico di armi e trasferimento fraudolento di beni.
Tra i fermati anche un avvocato romano e due carabinieri. I due militari, Cristiano Petrone e Marco Lazzari, sono accusati di accesso abusivo alle banche dati delle forze dell’ordine: avrebbero quindi passato informazioni riservate sulle indagini ai membri del clan Rinzivillo. L’avvocato Giandomenico D’Ambra, invece, sarebbe stato la figura di collegamento tra i carabinieri e gli affiliati alla cosca. Avrebbe infatti favorito affari illeciti con altri affiliati, ottenendo in cambio di potersi avvalere dei “servigi” dei membri del clan per interessi personali.
Nell’operazione in Italia, coordinata dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo e disposta dalle Direzioni distrettuali antimafia di Roma e Caltanissetta, sono stati impiegati oltre 600 uomini tra finanzieri e carabinieri. A Colonia, invece, ha partecipato la Polizia criminale tedesca.
Il clan gelese è da sempre alleato dei Madonia e dei corleonesi di Totò Riina. Tra gli arrestati di oggi c’è anche Salvatore Rinzivillo, 57 anni, uno dei boss. Scarcerato nel 2013 dopo aver scontato una condanna per mafia, da tempo risiede a Roma, da dove sembra coordinasse gli affari del clan grazie anche ai suoi appoggi in Germania.
Quella di oggi non è il primo maxi-arresto svolto contro l’associazione criminale. Già nel 2006 infatti l’operazione «tagli pregiati», partita da una denuncia di estorsione presentata da un commerciante, consentì la cattura di 79 affiliati e il sequestro di beni per 20 milioni di euro. La successiva inchiesta portò alla scoperta di un racket delle carni controllato dai Rinzivillo che riciclavano, in aziende del settore alimentare e nell’edilizia, i proventi degli affari illeciti. Anche allora, tra gli indagati, fu fermato un maresciallo dei carabinieri, accusato di avere passato ai clan informazioni riservate.