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“Mafia Capitale
ha fatto emergere le falle
nell’accoglienza a Roma"

Il direttore ASCS Selleri a Lumsanews

“Siamo lì dove non arriva il pubblico"

di Maria Sole Betti24 Marzo 2023
24 Marzo 2023
Emanuele Selleri

Emanuele Selleri è il direttore esecutivo dell’ASCS,  l’agenzia scalabriniana per la cooperazione e lo sviluppo. Dal 2015 è responsabile di Casa Scalabrini 634, la struttura romana che ospita richiedenti asilo e rifugiati. A Lumsanews ha spiegato il progetto di accoglienza e integrazione pensato dai missionari scalabriniani, di cui è alla guida.

Come nasce la vostra proposta di accoglienza per i migranti?

“Casa Scalabrini nasce nel 2015 in un periodo molto particolare e cioè nel clou dell’emergenza sbarchi dal NordAfrica.  I missionari scalabriniani si trovavano con questa struttura vuota che era il vecchio seminario, proprio nello stesso periodo in cui Papa Francesco aveva chiesto un po’ a tutta la chiesa di aprire i conventi e seminari chiusi per darli ai più bisognosi. Gli scalabriniani essendo la congregazione religiosa di cui il principale carisma è accompagnare i migranti rifugiati, non ha potuto tirarsi indietro davanti a questo appello. E ha chiesto a noi dell’ ASCS, ovvero l’agenzia scalabriniana per la cooperazione e lo sviluppo di pensare e riflettere su cosa poter fare in particolare a Roma. 

Com’era la situazione in quel periodo nella Capitale? 

“A Roma era scoppiata Mafia Capitale, un momento di grande crisi che è riuscita a mettere in luce varie realtà che lucravano anche sulla mala accoglienza. Questo si aggiungeva ad alcuni malumori contro i centri accoglienza a livello locale. Ciò ci ha fatto riflettere ancora di più sulla necessità di fare non solo un intervento per i rifugiati, ma anche per la comunità. C’era una grandissima falla sulla seconda fase dell’accoglienza. Un vuoto lamentato dagli attori statali e dai ragazzi usciti dal circuito standard dello Sprar, che spesso iniziavano un percorso di cittadinanza ma non avevano tutti gli strumenti e la forza per proseguire, soprattutto in una città come Roma dove un affitto è abbastanza difficile da pagare anche per gli italiani”.

È così che nasce l’idea per la vostra struttura? Per quanti mesi garantite permanenza alle persone che ospitate?

Sì, è da qui che nasce l’idea di una casa che andasse a ospitare persone in uscita dai centri standard gestiti dallo Stato. Abbiamo deciso di investire lì dove non c’era un investimento pubblico, circondando l’accoglienza da varie attività e servizi rivolti a tutti, non solo ai rifugiati. Per le tempistiche noi garantiamo in media sei mesi di permanenza, che è il percorso standard, anche se fino all’arrivo del Covid i tempi erano abbastanza dilatati. Le famiglie e famiglie e i nuclei familiari invece hanno un percorso un po’ più complesso rispetto ai singoli, quindi nel loro caso si arriva almeno ad un anno, un anno e mezzo”.

La ripresa degli sbarchi negli ultimi tempi ha impattato nella vostra struttura di accoglienza?

“Non più di tanto. Diciamo che per il nostro servizio e per le realtà di seconda e terza accoglienza c’è sempre tanta richiesta. Vero è che ci sono persone che non vogliono questa realtà di seconda accoglienza, nel senso che per alcuni è importante riuscire ad uscire con un documento e continuare il loro progetto migratorio altrove. Spesso Roma non è neanche la città di arrivo ma solo di seconda destinazione. Però per quel che ci riguarda non abbiamo sentito un grande cambiamento”. 

Oltre alla formazione, che tipo di assistenza fornite? Dal punto di vista del sostegno, fornite anche supporto psicologico?

“Come ASCS su Milano forniamo sostegno psicologico in lingua alle donne migranti. Il tema delle persone con vulnerabilità psicologica psichiatrica è il grande tema, secondo me, anche perché è molto sottovalutato. E soprattutto è importante non solo all’inizio per chi è appena arrivato, ma anche per chi rimane qua negli anni. Noi ci affidiamo a servizi di associazioni amiche e partner che offrono proprio questo tipo di supporto, ma ci rendiamo conto che gli strumenti sono pochi”. 

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