Nella città eterna le mafie stringono un accordo per cercare di tenere bassi i riflettori della magistratura e delle forze dell’ordine. Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone non ha dubbi ed è molto chiaro nel suo intervento agli Stati generali della legalità organizzati nella capitale dalla Cgil: «C’é su Roma un accordo tacito tra le mafie per evitare atti di violenza. Nella capitale c’é spazio per tutti – ha spiegato Pignatone – e quindi meglio non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine e della magistratura e non creare allarme sociale».Parla così lui che Palermo la mafia l’ha toccata con mano quando negli anni ’80 faceva incriminare Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo e, più di recente, indagava Totò Cuffaro e collaborava alla cattura del superlatitante Bernardo Provenzano.
Perchè Pignatone la criminalità la combatte da sempre: la combatte dal ’74 quando entra in magistratura; poi gli incarichi in prima linea: nel ’77 è Pretore a Caltanissetta e nel 2008, procuratore capo a Reggio Calabria.
Quello che oggi lo preoccupa è l’immensa quantità di denaro che la criminalità organizzata riesce a muovere attraverso l’economia: soldi sporchi reinvestiti direttamente sul territorio romano. «La città di Roma – ha aggiunto – vede crescere esponenzialmente la massa di denaro di dubbia origine che viene reinvestita sul territorio. A Roma esistono imponenti fenomeni di evasione fiscale, criminilità economica e frodi, e si osserva una lunga serie di grandi fallimenti che muovono quantità immense di denaro: su questo non c’é consapevolezza di quanto sia importante contrastare il fenomeno». E anche il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro si unisce all’allarme lanciato Pignatone: «Nella capitale non c’é controllo militare da parte delle associazioni mafiose ma esiste una criminalità economica» ed aggiunge che «la speculazione edilizia è stata una delle cause che ha favorito il dilagare della criminalità».
La Cgil punta il dito contro la crisi che “preparerebbe il terreno” alla mafie: «C’é una stretta connessione tra la crisi economica e il dilagare della criminalità – ha detto il segretario della Cgil di Roma e Lazio Claudio Di Berardino – Nel Lazio siamo passati dall’infiltrazione delle mafie al radicamento». Secondo il sindacalista alla base dell’economia criminale ci sarebbero riciclaggio, bancarotta, usura: «Nel Lazio – ha precisato Di Berardino – mafia, camorra e ‘ndrangheta acquisiscono beni immobili, attività commerciali e gestiscono il traffico della droga, il caporalato e il lavoro nero».
A smorzare i toni allarmistici è il sindaco Alemannoche non parla di “presenza stabile” e di controllo del territorio da parte delle mafie ma del rischio che la criminalità possa diventare nella capitale “strutturale”: «Può infettare il nostro territorio – ha commentato il primo cittadino – Il rischio che tutto ciò avvenga c’é e dobbiamo tenere alta la guardia perché poi è difficilissimo tornare indietro». E mentre il sindaco rimarca l’esigenza di un “approccio”, per quanto riguarda la sicurezza, che deve basarsi sul ‘controllo del territorio’ il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti indica la strada nella cultura della legalità come “grande impegno delle istituzioni”: «Un vecchio vizio italiano – ha detto Zingaretti – è quello di contemplare la lotta alle mafie senza intervenire. Ognuno di noi invece, nel proprio ruolo, dovrebbe farlo. Per questo, la parola d’ordine dovrebbe essere: intanto comincio io».
Lorenzo Caroselli