Oliviero Fuzzi è un neuropsichiatra infantile e vicepresidente della Società Italiana Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Ha spiegato a Lumsanews quali disturbi possono sviluppare i bambini da un uso dei social non controllato.
Possono i contenuti presenti sui Social causare disturbi psichiatrici nei bambini?
“In generale, l’effetto di contenuti potenzialmente disturbanti non dovrebbe variare molto in funzione del loro arrivo tramite social, o qualunque altra fonte di immagini e video. Gli effetti attribuiti a una esposizione incongrua si basano soprattutto su considerazioni quantitative: l’eccesso può essere associato a disturbi del sonno, emotivi, ossessivi, psicosomatici, del comportamento. In più, nei social l’interazione è simmetrica, invece che unidirezionale, e quindi consente uno scambio comunicativo a distanza, in sé virtuale ma che può avere effetti relazionali reali, favorevoli, neutrali o negativi. Sono quindi un canale per possibili interazioni disturbanti, per aggressività, stimolazioni inappropriate, o semplicemente perché troppo difficili da decodificare per un bambino. Nella pratica non è eccezionale incontrare reazioni di adattamento, o veri e propri disturbi post-traumatici da stress, derivanti dal coinvolgimento, anche indiretto, di un bambino in scambi comunicativi virtuali incongrui”.
Ha mai avuto a che fare con pazienti che hanno sviluppato disagi e patologie proprio a causa dei Social o, più in generale, dall’uso di dispositivi digitali?
“Pensando a tutto lo spettro dell’età infantile e adolescenziale, e a tutti i dispositivi digitali, ovviamente sì. Clinicamente, sono abbastanza frequenti, anche se solitamente non invalidanti, i disturbi del sonno secondari all’abuso di schermi video. Tra i più grandi, tipica è l’associazione tra utilizzo massiccio di internet in qualche sua forma e il ritiro sociale, sia nelle forme classiche di autoreclusione “Hikikomori”, che in quelle associate a un altro disturbo psicopatologico. Le statistiche sui disturbi da dipendenza da Internet variano: abbastanza concordi su una prevalenza in adolescenza inferiore all’1% per i casi gravi, e variabile dal 5% a oltre il 20% per quelli di moderata entità. Ma è presto per valutare l’effetto delle restrizioni sociali Covid su queste condizioni”.
I bambini più piccoli sono più a rischio rispetto agli adolescenti?
“L’età ridotta è tra i principali fattori di rischio per successivi disturbi collegati alla dipendenza da Internet, insieme al sesso maschile, all’esposizione massiccia e all’isolamento sociale. Pensando a bambini piccoli o piccolissimi, il sovradosaggio del tempo di esposizione incontrollata a internet si associa spesso a una riduzione delle interazioni significative in famiglia: non è perciò facile distinguere quanto gli effetti a lungo termine dipendano dalla “tossicità” dell’esposizione al mondo virtuale, e quanto da una corrispondente deprivazione relazionale. In generale, sembra dimostrato un collegamento, non una causalità diretta, tra il funzionamento del bambino e l’uso dei mezzi virtuali: i bambini con sintomi esternalizzanti, quelli più agitati, a 3 anni tendono a stare un po’ di più davanti a uno schermo, che i genitori usano “per provare a tenerli tranquilli”. Questa abitudine sembra mantenersi nel tempo, con un temporaneo calo all’inizio delle Elementari”. Invece, per quanto riguarda i sintomi internalizzanti, quelli presenti nei bambini che quando non stanno bene si preoccupano “dentro”, sembra che aver usato di più gli apparecchi elettronici a 3 anni si colleghi alla loro comparsa tra i 5 e i 9 anni. Sembra cioè che giocare con uno schermo, invece che in compagnia, tenda a rendere più difficile imparare ad adattarsi nel gestire le relazioni sociali”.
L’esposizione ai Social può influire (negativamente o positivamente) nell’approccio alla socializzazione nella vita reale dei minori?
“Sì. I social sono ovunque, come opportunità e\o tentazione costante, e non possono non influire sulla socialità di tutti, e dei minori in particolare, che hanno come loro compito evolutivo proprio la formazione di una loro rete sociale, dove rinascere come individui nuovi dopo l’incubazione infantile nella rete familiare. Ѐ banale ricordare il ruolo vitale che la rete social ha avuto durante le prolungate restrizioni Covid: le relazioni e le amicizie virtuali si sono spesso dimostrate un ottimo ponte tra interlocutori altrimenti esclusi dal contatto, nonni e nipoti si sono fatti compagnia a vicenda senza contagiarsi. E la DAD stessa, cos’è se non un Social altamente specializzato? Quanti figli e genitori separati dalle vicende migratorie hanno mantenuto in questi anni contatti essenziali e altrimenti impossibili, attraverso WhatsApp e WeChat? Come rovescio della medaglia, l’immersione nei Social, o nelle chat di un videogioco, compare spesso come elemento del guscio di protezione utilizzato, per eclissarsi dal mondo esterno, da parte dei ragazzi con Ritiro Sociale Grave. Interagire con il mondo esterno attraverso la mediazione dei Social, o attraverso l’Avatar di un videogioco, propone un’alternativa magicamente efficace all’imbarazzo o alla vera e propria vergogna di sé, propria di molti adolescenti, e consente loro di vivere da lontano una vita virtuale, di non andare più a scuola e qualche volta neanche a portar fuori il cane. In questi casi, Internet non è la causa, non è certamente la cura, ma è un ingrediente quasi obbligatorio del quadro”.
Spetta solo ai genitori assistere fornire un’adeguata “educazione” digitale ai bambini o è responsabilità anche della scuola o altri soggetti?
“Il criterio per educare alla navigazione in rete somiglia a quello necessario per consentire ai bambini di andare da soli in acqua: occorre imparare gradualmente a stare a galla, a conoscere il mare, e la gente che si incontra in spiaggia, e occorre impararlo prima di quando si avrà occasione e bisogno di emanciparsi dalla tutela dei genitori. Quindi: occorre un rodaggio coerente, e appropriato al livello di sviluppo del bambino, in cui i genitori e gli altri familiari, gli insegnanti e tutti gli adulti di riferimento presentino al bambino il mondo virtuale, sia con le prescrizioni che in concreto. Come e quanto usarlo per comunicare, trovare informazioni e svago, e come non usarlo. Ovviamente, il rodaggio funziona meglio se il primo strumento non è smart, perché è più facile imparare a nuotare dove si tocca”.
Ritiene che si dovrebbe vietare completamente l’uso dei Social al di sotto di una certa età?
“Per definizione non si può aprire un account social autonomo prima dei 13 anni, a meno di barare. Quindi, prima di allora, sarebbe bene imparare insieme agli adulti di riferimento come funzionano i social, come si possono usare, cosa condividere e cosa no, qual è il linguaggio opportuno, magari usando un profilo di famiglia. Le relazioni virtuali sono ormai un mondo reale e sono quindi comprese a pieno titolo nel lavoro di educare bambini e ragazzi a stare al mondo. Su questo nuovo mondo, i social sono una porta, non solo una finestra. Hanno il fascino rischioso di confinare con l’universo, non solo con il vicinato, e i ragazzi devono poter contare su tutti gli adulti di riferimento per arrivare a quella porta con le risorse giuste per orientarsi”.