Per i migranti che ogni giorno cercano di arrivare sulle coste del Mediterraneo, di pericoloso non c’è solo il mare, ma storie di schiavitù, violenza e abusi sessuali, in cui spesso sono coinvolti anche dei bambini. Storie che spesso si preferisce far finire nel dimenticatoio, perché i protagonisti raramente le denunciano, per paura di essere arrestati o rispediti indietro.
Per questo motivo a Bruxelles la coordinatrice speciale per la crisi dei migranti e profughi in Europa, Afshan Khan, ha incontrato un gruppo di giornalisti per lanciare un appello e chiedere “misure stringenti per proteggere i bambini coinvolti nella tratta verso il mediterraneo, attraverso passaggi sicuri”.
Il rapporto completo si legge in “Un viaggio mortale per i bambini”, pubblicato oggi dall’Unicef, per sensibilizzare i governi sulle problematiche dei minori non accompagnati, che dall’Africa arrivano in Europa lungo la rotta del Mediterraneo. In particolare, l’associazione umanitaria denuncia le condizioni in cui si trovano a vivere i migranti in Libia: in questi luoghi la violenza è all’ordine del giorno, il cibo, come gli abiti e le coperte scarseggiano e tutti, compresi i minori, sono costretti ad abitare in celle di 2 metri quadri. La situazione peggiora nei centri gestiti dalle milizie, 10 dei 34 identificati, dove la tortura e il lavoro forzato sono pratiche comuni.
Nella relazione si riportano anche i numeri inerenti all’anno 2016: sono 28.223, il 16 % circa, i minori che sono arrivati sulle coste del Mediterraneo senza una famiglia e si ritiene che tra questi, siano morti durante la traversata, almeno 700 minori. Eppure, il ministro degli Interni Minniti, come l’Unione europea, ad oggi, pensano ancora che sia la Libia il posto giusto per risolvere la questione migratoria.