MOSCA – È morto all’età di 88 anni Boris Spassky, leggenda sovietica degli scacchi. Resta nella storia la celebre sfida per il titolo di campione del mondo di Reykjavik del 1972 con lo scacchista americano Bobby Fischer. Un match “del secolo” soprattutto per le implicazioni politiche legate al periodo della Guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, vissuto come una prosecuzione di quel braccio di ferro politico.
Spassky, la leggenda più volte campione del mondo
Boris Spassky, nato a San Pietroburgo nel 1937, impara a giocare a scacchi a cinque anni. Nel 1955, appena diciannovenne, conquista il titolo di Grande Maestro, il riconoscimento più alto attribuito a un giocatore della Fide, la Federazione internazionale degli scacchi. Campione del mondo dal 1969 al 1972, vince, nel corso della sua lunga carriera, otto medaglie d’oro alle Olimpiadi degli scacchi. Sul finire degli anni Settanta inizia a rappresentare la Francia, dopo aver ottenuto la cittadinanza. Nel 2013 il ritorno in Russia.
Il “match del secolo” e il declino della carriera di Spassky
Durante gli anni della Guerra Fredda, all’apice della tensione tra Usa e Urss, la sfida tra Spassky e Fischer segna un momento cruciale. La serie di partite tra il maestro sovietico e l’avversario americano avvengono tra l’11 luglio e il 3 settembre 1972 a Reykjavik, capitale islandese. Un match che, oltre a segnare una forte popolarità del gioco degli scacchi nel mondo, determina il declino della carriera da campione di Spassky, battuto da Fischer per 12,5 a 8,5. Trasmesso per la prima volta in diretta televisiva, lo scontro provoca diverse tensioni anche tra gli sfidanti. Lo scacchista americano, dopo aver minacciato di abbandonare l’incontro, si fa convincere dall’allora segretario di Stato Henry Kissinger a tornare.
Sulla scia di questo incontro storico nascerà il film “La grande partita”, con Tobey Maguire nei panni di Bobby Fischer e Liev Schreiber in quelli di Boris Spassky.