Allo scoccare della mezzanotte, fuochi d’artificio esplodono nel cielo di Zagabria, le campane delle chiese rintoccano in tutto il Paese, nell’aria l’Inno alla gioia di Beethoven. È l’alba di un nuovo giorno: “la Croazia è tornata nel posto giusto, il cuore dell’Europa. Oggi è la fine di un processo e il primo capitolo di una nuova storia di successo”. Con queste parole, il Presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, presente ai festeggiamenti, dà il “benvenuto” alla Croazia nell’Unione Europea, di cui è da oggi il 28simo Stato membro. Ma tra le luci, i colori e i 700 artisti che animano piazza Ban Jelacia intrattenendo i 20mila presenti e 180 leader europei – l’Italia è rappresentata dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e dal Ministro degli Affari Esteri, Emma Bonino -, la promessa del Presidente del Consiglio Ue, Herman Von Rompuy, secondo cui “questo cambierà la vita del Paese in meglio”, si fonde con l’euroscetticismo di molti nuovi cittadini europei. Nel 2012, il 43,5% degli aventi diritto si presentò alle urne per il referendum sull’adesione, approvato dal 66,2% dei votanti. Secondo un recente sondaggio, oggi scenderebbe al 39% il numero dei favorevoli. Complice la crisi economica e lo spettro che l’ingresso nell’Ue apra nel Paese una stagione di rigore e austerity.
Croazia: la svolta politica durante la crisi economica. È nel 1991 che la Croazia proclama la propria secessione dalla Jugoslavia. Si apre, per il Paese, una fase di aspre guerriglie civili balcaniche tra il 1992 e il 1995. Esattamente dieci anni fa, la scelta europea: Zagabria chiede l’adesione, rallentata dai problemi con il Tribunale penale internazionale dell’Aja e la minaccia di veto della vicina Slovenia (primo Stato dell’ex Jugoslavia ad entrare nell’Unione, nel 2004, ndr.). Nel 2009 la Croazia entra nella Nato, due anni dopo firma il trattato di adesione all’Ue suggellato dal referendum del 2012. “Zabagria è il candidato che ha dovuto affrontare la selezione più rigorosa per entrare nell’Ue”, spiega Stephan Fule, commissario europeo per l’allargamento. La sua situazione economica è migliore di quelle che caratterizzavano la Bulgaria e la Romania nel 2007, ciò nonostante è critica. Secondo le previsioni primaverili dell’Esecutivo Ue, nel 2013 il Pil croato dovrebbe ritrarsi di un punto rispetto ai 63 miliardi del 2012. Il tasso di disoccupazione si attesta al 21,7% e quella giovanile sfiora i 40 punti percentuali. Tra il 62% di import e il 59,8% di export, è l’Italia il primo partner commerciale della Croazia, con 4 miliardi di scambi. Il Fondo Monetario internazionale, nel 2012, puntando i riflettori sulle deboli esportazioni, aveva rinviato ai rapporti tra le aziende e lo Stato/enti pubblici. Il fenomeno della corruzione, salito alla ribalta della cronaca con l’arresto dell’ex primo ministro conservatore, Ivo Sanaden, riflette un cambio di rotta, percepito fino a Bruxelles. L’adesione all’Ue è un’occasione in questo senso: il mercato aperto e le leggi antitrust potrebbero favorire una cultura aziendale più indipendente dallo Stato e favorevole per le sue casse. L’altro lato della medaglia è l’aumento dei prezzi di alcuni servizi che, per la stessa ragione, colpiranno il Paese. Un esempio, l’aumento del 25% delle bollette della luce per la liberalizzazione imposta dall’Ue. “L’Iva è già al 25%, se me la alzano ancora non vendo più”, denuncia una fornaia, che ammette di vendere già poco. Sebbene il tedesco Bild denunci la Croazia, “terra di corruzione, debito e disoccupazione”, come “il prossimo buco nero in cui spariranno i miliardi dell’Europa”, Bruxelles celebra l’ingresso dell’ex Stato comunista nel polo Ue. Dal premier, Zoran Milanovic, le rassicurazioni a Berlino: “Non vi costeremo niente, non falliremo e non siamo la Grecia”. Per adeguarsi agli standard Ue, Zagabria riceverà tra i 13 e i 14 miliardi di euro nel periodo 2014-2020, ma se in virtù del deficit (oggi al 4,7% contro il 3% di norma europea) dovesse rimanere tale, c’è il rischio dell’apertura di una procedura di infrazione, con annesse misure di austerity.
I rapporti con l’Italia. Nel giorno in cui al confine con la Slovenia e l’Ungheria venivano smantellate le frontiere e alzati cartelli e bandiere europei lungo i confini con Bosnia, Serbia e Montenegro, anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, celebrava il passaggio croato nell’Ue. “Con l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea, i popoli croato e italiano condividono un futuro comune nell’Europa unita. Radici profonde uniscono i nostri popoli e ci assegnano anche il dovere di ricordare le tragedie e le divisioni causate dalle ideologie totalitarie e dal più cieco nazionalismo nel secolo scorso”. Parole in cui riecheggiano le tragedie degli esuli italiani da Istria, Fiume e Dalmazia. Anche l’Associazione che li rappresenta guarda di buon occhio l’adesione croata: “Si chiude definitivamente un ciclo nefasto di odi e inimicizie che per il popolo istriano, fiumano e dalmata ha trovato il culmine nei massacri delle Foibe, nell’opposizione al regime di Tito, nell’esodo di 350mila italiani”.
Anna Serafini