Si dovrà attendere la metà del 2021 per l’intesa internazionale sulla Web tax che imporrà anche ai colossi del digitale un regime di tassazione. Questo a seguito dello stallo dei negoziati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Lo ha affermato il ministro delle finanze tedesche Olaf Scholz durante gli incontri dell’Ecofin, specificando che “è necessario avere un consenso ampio” in materia.
Ma l’Unione europea non molla la presa e continua a marcare strette le Big tech. A cominciare dalla Francia che, secondo indiscrezioni raccolte dal Financial Times, è il primo Paese europeo ad aver già chiesto ai protagonisti del web il versamento di imposte aggiuntive del 3% sui proventi generati da società digitali nazionali ed europee con ricavi superiori ai 25 milioni di euro in Francia e 750 milioni di euro mondiali. Seguirà ad aprile la Gran Bretagna con l’applicazione di una legge analoga. Paesi come Austria e Italia hanno già varato o stanno varando provvedimenti simili.
Caso esemplare il Piemonte guidato dal governatore torinese Alberto Cirio, con la proposta di portare l’aliquota fiscale per gli “over the top” dal 3% sul fatturato al 15% in tempi di Covid-19, destinata a raddoppiare in flagranza di lockdown da zona rossa. L’obiettivo è riuscire a coinvolgere cinque Consigli regionali per portare la proposta come modifica di legge al Parlamento e, una volta applicata, destinare il ricavato perequativo a commercianti, bar, negozi colpiti dal Covid.
“I colossi del digitale sono le aziende che hanno ottenuto più vantaggi dall’emergenza Coronavirus, e per questo motivo dovrebbero pagare più tasse”, queste le parole di Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’Economia, qualche mese fa al Forum Ambrosetti. La Commissione Europea aveva proposto l’introduzione della tassa fin dal 2018, ma il provvedimento, per diventare effettivo, necessita dell’unanimità dei 27 Stati dell’Unione.