«La speranza cristiana è diversa, affidabile, visibile e comprensibile, perché fondata su Dio». Papa Francesco oggi in udienza generale nell’Aula Paolo VI ha speso belle parole sul significato della parola “speranza” e sulla sua concretizzazione nel presepe, una tradizione nata ai tempi di San Francesco d’Assisi.
Nella catechesi si è dilungato sull’analisi dei personaggi e luoghi del presepe: ha parlato di Betlemme, che «non è una capitale, e per questo è preferita dalla provvidenza divina, che ama agire attraverso i piccoli e gli umili», rappresentati dai pastori.
Poi ci sono Maria e Giuseppe. Maria «nella grotta contempla il Bambino e vede in Lui l’amore di Dio». Suo marito Giuseppe ha creduto alle parole dell’angelo. Ha chiamato il bimbo “Gesù” come gli era stato ordinato, perché in quel nome «c’è la speranza per ogni uomo, perché mediante quel figlio, Dio salverà l’umanità dalla morte e dal peccato».
Le ultime parole sono state spese per la popolazione del Congo. «Coloro che hanno responsabilità politiche ascoltino la voce della propria coscienza e sappiano vedere le crudeli sofferenze dei loro connazionali e abbiano a cuore il bene comune – ha detto al termine dell’udienza, appellandosi alla clemenza dei capi politici congolesi -. Nell’assicurare il mio sostegno e il mio affetto all’amato popolo di quel Paese, invito tutti a lasciarsi guidare dalla luce del Redentore del mondo e prego affinché il Natale del Signore apra cammini di speranza».