Uno spaccato della comune italianità che tutti noi, da nord a sud, almeno in parte conosciamo. Questo è il nucleo principale del nuovo successo cinematografico L’Ora Legale. Dal 19 gennaio scorso al cinema, la nuova pellicola del duo comico palermitano formato da Salvatore Ficarra e Valentino Picone è già stata vista da mezzo milione di italiani, suscitando il plauso di buona parte del pubblico.
La storia, geniale nella sua semplicità, è ambientata in Sicilia, nel paese immaginario di Pietrammare dove da anni il sindaco è Gaetano Patanè, che tutti votano: “Vota Patanè senza chiederti perché”, dice uno slogan elettorale. Ma la svolta arriva nella figura del suo avversario alle comunali, Pierpaolo Natoli, che si butta in politica per dimostrare a sua figlia, alla prima esperienza elettorale, che la democrazia esiste. E serve a migliorare le cose grazie ad un candidato onesto come lui. Ma quando è Natoli a vincere le elezioni, osannato come paladino della legalità, e visto come possibile artefice di quel cambiamento che tutti a Pietrammare cercavano e chiedevano nel malcontento generale, la situazione degenera.
Niente più sosta selvaggia, caccia ai furbetti del cartellino, raccolta differenziata: “Come vi è venuto in mente di votare uno onesto!?” si chiederanno i personaggi della pellicola. “Ce lo dovevano dire che questo era onesto veramente!”
La legalità e l’onestà “concrete” costano: simpatie, sforzi, abitudini da cancellare e virtuosismi da instillare. E tutti noi ce ne rendiamo conto, ci ritroviamo nella storia di Pietrammare, indipendentemente dall’essere milanesi, torinesi, napoletani o siciliani: proprio dei ragazzi di Messina hanno utilizzato il trailer del film di Ficarra e Picone per doppiarlo e riambientarlo nella città dello Stretto: una clip in cui il sindaco onesto che i cittadini prima votano e poi spodestano diventa Renato Accorinti (sindaco della sinistra indipendente, in carica dal 2013), e che lui stesso sul suo profilo Facebook ha rilanciato e condiviso.
Perché il “vastissimo sottobosco di ladruncoli e furbastri” che cita Marco Travaglio nel suo odierno editoriale sulle colonne de Il Fatto Quotidiano, è un fenomeno ben conosciuto, radicato (stavolta citando Avvenire) “in un malcostume tanto antico quanto attuale”. La morale del film è comune per tutti, da nord a sud, ed è racchiusa ancora nell’articolo di Travaglio: “Va bene la legalità, ma senza esagerare”.