Mentre le trattative con Bruxelles sono ferme, oggi il Regno Unito inizia una serie di incontri con gli Stati Uniti. In vista, c’è un accordo di libero scambio fra i due paesi per il dopo-Brexit. Lo spiega in un articolo l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), specificando, però, che non sarà così facile da raggiungere.
Al momento Londra è impegnata su due tavoli. Da un lato, entro il 31 gennaio 2021, deve trovare un accordo con l’Unione Europea, ma con l’ipotesi di “no deal” sempre più accreditata. Dall’altro, appunto, oggi inizia una serie di video-sedute con Washington. Il vertice durerà due settimane, e ne seguiranno altri ogni mese e mezzo. Sia Donald Trump che Boris Johnson si sono mostrati entusiasti all’ipotesi di un grande accordo di libero scambio transatlantico.
Molte statistiche, del resto, sono dalla loro parte. Secondo un rapporto del Dipartimento britannico per il commercio internazionale, infatti, gli Stati Uniti rappresentano il maggior partner commerciale e di investimento del Regno Unito, stimando che – lo scorso anno – lo scambio tra i paesi è stato di circa 284 miliardi di dollari. Inoltre, gli Usa costituiscono il 20% delle esportazioni totali della Gran Bretagna e l’11% delle importazioni. Allo stesso modo, l’Unione Europea accoglie il 45% dell’export britannico e ne genera il 53% delle importazioni. In questo senso, un accordo di libero scambio Washington-Londra potrebbe aumentare gli scambi transatlantici di oltre 19 miliardi di dollari, e i salari complessivi nel Regno Unito di 2,3 miliardi.
Ma, come detto, non sarà un’intesa facile. Trump, per esempio, vuole che Londra metta al bando Huawei dai contratti per le reti 5G, sostenendo che la presenza del colosso cinese della telefonia nel Regno Unito favorirebbe lo spionaggio di Pechino. Ovvero: mettere a repentaglio i rapporti fra i servizi segreti inglesi e quelli americani.
E non è il solo nodo. C’è anche la questione alimentare: gli Usa vorrebbero esportare dall’altra parte dell’Atlantico il loro pollame disinfettato col cloro, vietato nel Vecchio Continente sin dal 1997 a causa di una direttiva Ue. Infine, i critici dell’accordo ravvisano anche la possibilità che l’ingerenza delle multinazionali americane possa mettere a rischio il sistema pubblico di sanità britannico. E, in ogni caso, un mancato accordo con l’Ue (sempre più probabile), rende più difficile trovare un punto d’accordo con Trump. Con il pericolo, sullo sfondo, che dal prossimo anno Londra si trovi soggetta alle sole regole del Wto.