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HomePolitica Lombardia e Veneto al voto. Il 22 ottobre le regioni chiederanno più autonomia

Lombardia e Veneto al voto
Il 22 ottobre le regioni
chiederanno più autonomia

23 competenze al centro del referendum

Il nodo principale è il residuo fiscale

di Valerio Toma18 Ottobre 2017
18 Ottobre 2017

I presidenti della Regione Lombardia Roberto Maroni (s) e della Regione Veneto Luca Zaia (d) sul palco del tradizione raduno della Lega Nord a Pontida (Bergamo), 17 settembre 2017. ANSA/ PAOLO MAGNI

Si avvicina il giorno delle urne per Lombardia e Veneto. Il 22 ottobre gli elettori delle due regioni voteranno per i referendum sull’autonomia. Referendum che saranno di natura consultiva e non avranno esiti vincolanti per le regioni e il governo centrale. Si tratta comunque di votazioni legali, nate dall’accordo tra regioni e governo.

La regione chiederà quindi maggiore autonomia sulla gestione delle proprie risorse. In ballo ci sono 23 competenze su altrettante materie. L’articolo 117 della Costituzione fissa venti materie concorrenti, tra Stato e Regione, e tre negoziabili. Dal commercio con l’estero alla protezione civile, dalla distribuzione dell’energia alle casse di risparmio, dalla tutela dell’ambiente ai beni culturali.

La chiave del referendum, promosso dalla Lega Nord, è il residuo fiscale. In breve il risultato dato dalla differenza tra quanto un territorio versa in tasse e tributi allo Stato e quanto ne riceve in servizi. In Lombardia si calcolano 52 miliardi di euro, mentre in Veneto se ne contano 15. I presidenti Zaia e Maroni chiedono che almeno la metà dei rispettivi residui fiscali venga restituito ai territori. Una richiesta che, secondo i sostenitori, può essere avanzata solo con una maggiore autonomia.

Per raggiungere l’autonomia le due regioni hanno scelto la strada del referendum, pur non essendo necessario. L’articolo 116 della Carta può essere invocato senza fare alcuna consultazione. La Lega Nord, che governa entrambe le regioni, è convinta che l’esito positivo del referendum legittimerà il potere di contrattazione con lo Stato. L’esito positivo è dato per certo.

Fra i partiti non tutti sono d’accordo. Il Pd è spaccato: la linea nazionale chiede la diserzione delle urne, ma il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il bergamasco Giorgio Gori sono per il sì. Il centrodestra sembra invece essere unito, nonostante il rifiuto di Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni. I sostenitori del sì sostengono che una loro affermazione consentirebbe alla Regione Lombardia di «esercitare un’energica azione politica e ottenere una competenza più ampia in materia di sicurezza, immigrazione e ordine pubblico».

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