Da carrozza in quel di maggio a zucca di fine ottobre. È la sintesi del viaggio europeo dell’Atalanta di Gian Piero Gasperini, che da Cenerentola europea piena di sogni si è trovata ad affrontare un palcoscenico, capace di far tremare le vene e i polsi anche a chi la Champions League l’ha alzata più volte. Tra i mister più blasonati c’è anche Pep Guardiola, mente e braccio di quel Manchester City che ieri ha travolto la Dea, scesa dalle nuvole sotto i colpi di Sergio Aguero e di Raheem Sterling. Una “manita” che ha capovolto il vantaggio bergamasco iniziale, siglato da Malinovskiy.
Cinque gol subiti che fanno il paio con i quattro rifilati all’undici di Gasperini dalla Dinamo Zagabria alla prima gara del girone. Nel mezzo la buona prestazione contro lo Shaktar Donetsk, che non ha comunque consegnato punti agli orobici. A questo punto gli interrogativi per Gomez e compagnia iniziano a farsi più pressanti, tra dubbi di preparazione tecnica, fisica e mentale.
La risposta ai timori atalantini si trova nelle parole di Gian Piero Gasperini, che al termine della sfida all’Etihad Stadium ha comunque detto di “aver visto cose buone”. “Voglio che la squadra – ha proseguito – si porti dietro questa mentalità, dopo essersi misurata con i più forti”. La ricetta per crescere è presto detta per il tecnico, che giustifica così la débâcle d’Oltremanica.
Per l’allenatore, anche attraverso queste rovinose cadute, l’Atalanta può acquistare una mentalità europea. Proprio da queste sconfitte, calciatori come Robin Gosens, Hans Hateboer e Ruslan Malinovskyj possono dire la loro in Europa. Non a caso in quel di Bergamo, anche tra i tifosi, il parere è unanime: poco importa se i gol subiti in Croazia e in Inghilterra sono stati nove in totale. Il futuro dell’Atalanta passa dal nuovo stadio e dalla valorizzazione dei giovani, tappe ben più importanti di una sconfitta in una gara che qualche mese fa, in quel di Bergamo, non era neanche immaginabile.