La sospensione prolungata del Parlamento britannico decisa da Boris Johnson è “illegale, nulla e priva di effetti”. Questo è il verdetto della Corte Suprema del Regno Unito, letto dalla presidente lady Brenda Hale. È come se la richiesta del premier per il Parlamento non fosse “mai stata prorogata”, ha sentenziato la Corte, attribuendo ora agli speaker di Comuni e Lord il potere di riconvocare le Camere quanto prima e dichiarando ‘l’advice’ del premier alla regina immotivato e inaccettabile in termini di limitazione di sovranità e poteri di controllo parlamentari. “La conclusione dei giudici ha vendicato il diritto-dovere del Parlamento di riunirsi in un momento così critico per vigilare sull’esecutivo e sui ministri”, ha dichiarato lo speaker della Camera John Bercow, che ha poi annunciato come “comincerà subito un giro di consultazioni con i leader di tutti i partiti al fine di riprendere al più presto le attività parlamentari”.
Le richieste di dimissioni al premier Boris Johnson sono già arrivate. La prima a parlarne è Joanna Cherry, deputata indipendentista scozzese dell’Snp, che indica come rimettere il mandato sarebbe “la prima cosa decente” che Johnson dovrebbe fare. Secondo Cherry, il verdetto stabilisce che “nessuno, neppure un monarca, è al di sopra della legge”. Voci in favore delle dimissioni arrivano anche dal Labour, con il leader Jeremy Corbyn che invita Johnson “a valutare la sua posizione”. Sulla stessa linea la leader liberal-democratica Jo Swinson, “Johnson non è adeguato a fare il primo ministro”. Ad esultare è anche Gina Miller, l’attivista pro Remain promotrice di un altro dei ricorsi, secondo cui la sentenza non è politica, ma fa valere la legge e ripristina “lo stato di diritto”.